Brontosauro chi emette

Nella sua lunga vita il francobollo ne ha viste e sentite di tutti i colori. A cominciare dai propri necrologi, del tipo anni Trenta quando si diceva che sarebbe stato sostituito in breve tempo dalle affrancature meccaniche. Magari con la soddisfazione di chi, mezzo secolo più tardi, vedeva nella sua fine uno splendido futuro come oggetto di antiquariato, senza ulteriori e disturbanti nuove emissioni tra i piedi; dimenticando che in tal caso la filatelia si sarebbe ridotta a cosa per pochi intimi, con conseguente mercato e relativi prezzi ai minimi termini.

Ora a essere protagonista di onoranza funebri anticipate non è solo il francobollo ma anche la filatelia. Per comuni ragioni di evoluzione tecnologica. In sintesi tutta colpa dell’elettronica, che da un lato ha portato la comunicazione su mezzi e utilizzi più pratici e celeri della posta, e dall’altro offre forme di svago, passatempo e occupazione del tempo libero ben più stimolanti della filatelia.

Ma è davvero così?

A ben guardare, se è vero che telefonini, internet, smartphone, videogiochi e compagnia bella hanno completamente cambiato il panorama della comunicazione e del tempo libero, altrettanto vero è che la posta tradizionale e il collezionismo hanno visto ridotto il proprio spazio d’azione ma senza il rischio di sparire del tutto o quasi, come iella qualcuno che fa un uso molto parco delle proprie meningi.

Anche se la posta tradizionale quantitativamente si riduce, non corre il rischio di sparire perché esistono oggetti e comunicazioni che non si possono spedire via cavo o via etere, oppure che è più pratico e comodo inoltrare per posta. E il francobollo continuerà ad avere una sua ragion d’essere, che in fin dei conti è la stessa per cui venne creato, più di 175 anni fa: liberare il mittente dal problema di ricorrere alla posta, com’era avvenuto sino al 1840 almeno nel caso in cui si voleva o doveva prepagare il porto. In pratica il francobollo consente di affrancare l’oggetto che si intende spedire senza doversi recare all’ufficio postale. Anzi, di più, consente di spedirlo gettandolo semplicemente in una cassetta d’impostazione, in qualsiasi momento, anche di notte e nei giorni festivi.

A ben vedere, più che il potere di affrancatura, compito principale del francobollo è di liberare il mittente dal condizionamento dell’ufficio postale. Aumentando persino la sua privacy visto che non deve farsi vedere in coda allo sportello.

Ne consegue che il possibile utente postale deve poter disporre di francobolli in qualunque momento, anche di notte e nei giorni festivi, o in caso di sciopero. E il modo migliore per consentirglielo esiste da tempo, da più di un secolo: il libretto di francobolli, che nella cosiddetta versione svedese – un blocchetto di francobolli attaccati tramite un margine a un cartoncino-contenitore – si è da tempo imposto in tutto il mondo, tranne che da noi.   

E non mi venite a dire che lo si è provato anche in Italia, ma senza successo, fin dal 1906. Si era in altri tempi, quando i francobolli erano in vendita senza problemi negli uffici postali e persino in tutte le tabaccherie, malgrado un aggio (il margine di guadagno) al limite del ridicolo se si pensa al tempo necessario per aprire la cartelletta delle carte-valori e staccare gli esemplari richiesti senza rovinarli o senza rovinarli troppo, magari dovendo dare due o più esemplari o valori perché manca il taglio richiesto.

Oggi la situazione è totalmente diversa: il francobollo tradizionale è diventato un oggetto detestabile sia per gli addetti postale che per i rivenditori autorizzati a causa dei problemi che pone. Semplici problemi di fornitura, di maneggio, di scarsa richiesta e di ancor più scarsa remunerazione per i tabaccai. Di maneggio e soprattutto di un’arcaica contabilità per gli operatori postali, costretti a segnarsi ogni esemplare venduto e a conteggiarli sia ad ogni fine giornata sia periodicamente varie volte al mese, mentre con le impronte meccaniche anche la contabilità avviene in automatico. Dal che risulta chiaro perché non si trovino i piccoli valori e spesso neppure i commemorativi: se già è scomodo tener dietro al francobollo di maggior richiesta, quello da 1,15 euro distinto ora dalla lettera B, figurarsi quanti moccoli se conteggi e calcoli riguardano vari francobolli e magari qualche intero postale!

Da questo punto di vista il libretto – booklet o carnet volendo fare gli esteròfili – risolverebbe non pochi problemi sia agli operatori postali che in tabaccheria in quanto sarebbe nient’altro che un prodotto da banco, come un pacchetto di sigarette o un bollettino, semplicemente da prendere e consegnare al richiedente; una “confezione” con 4 o 5 esemplari, il cui maneggio sarebbe demandato all’acquirente, come per qualsiasi altra merce. E per chiunque faccia uso della comunicazione scritta, anche se non quotidianamente, avere sottomano qualche francobollo di riserva non sarebbe certo un problema, anzi gli eviterebbe di frequentare l’ufficio postale o il tabaccaio ogni volta che deve spedire qualcosa.

Certo, si deve però trattare di confezioni comode, con un numero ridotto di esemplari, possibilmente piacevoli a vedersi così da invogliare a riprendere confidenza con lettere e cartoline, magari anche solo per i classici auguri. E l’eventuale maggior costo di produzione può essere facilmente recuperato utilizzando la confezione o un’appendice per un’inserzione pubblicitaria, oltre che per informazioni sui servizi postali e le relative tariffe. Senza considerare le possibilità di promozioni sia dei francobolli (“Cinque francobolli da 1,15 per soli 5 euro” oppure “Favoloso 5 x 4, uno è gratis”) che di altri servizi postali, di bancoposta eccetera.

In questo modo il francobollo potrebbe trovare una nuova identità in linea con i tempi e magari far presa su nuovi utenti, se ben lanciato come “novità” per più personali forme di comunicazione. Sono decine le vecchie cose proposte al pubblico, specialmente giovanile, come se fossero nuovissime, originali, mai viste e soprattutto trendy (vedi le scarpe a punta), sovente con ottimi risultati: non vedo perchè lettere e francobolli non possano rientrare in questa categoria.

Quanto alla filatelia, il cambiamento e l’adattamento ai tempi sono altrettanto necessari, come ho già rilevato altre volte. Il collezionismo dopotutto è una forma mentis caratteristica di molte persone e quindi non scomparirà mai, anche se la moderna tecnologia offre svaghi e passatempi che al momento fanno molta più presa. Ma se il collezionismo resta, possono cambiare gli oggetti da collezionare; e la stessa filatelia ci ha offerto molteplici esempi di questa variabilità, con settori richiestissimi per un certo periodo e poi caduti nell’oblio.

Anche in questo caso si sono avuti dei cambiamenti spesso radicali, legati sia all’economia sia ad interessi socio-culturali. Il lavoro si è fatto sempre più precario, mentre è aumentata la forbice tra chi ha molto e chi ha poco o niente: e questo ha influito anche sul mercato filatelico. Chi ha un buon conto in banca e nessun problema economico nel suo futuro continua a collezionare alla vecchia maniera, prediligendo i classici settori infarciti di pezzi da amatore, magari da esibire in mostre più o meno internazionali. Mentre la maggior parte degli altri collezionisti incontra sempre più difficoltà a completare la sua collezione con i pezzi anche di medio pregio, persino quando ricorre a vendite e svendite via internet con garanzie ridotte ai minimi termini. E pure il semplice aggiornamento della collezione con le ultime novità – magari corredate da fdc, folder, bollettino illustrativo e quant’altro – ha perso il suo antico appeal: le possibilità di incappare in errori e varietà sono praticamente zero, quelle di reperire effettivi usi postali sono altrettanto scarse e non più documentabili dalle bollature, e i soggetti sono spesso affascinanti come una minestrina riscaldata, sia sul piano della ricorrenza che su quello della realizzazione. Un tempo c’era la sorpresa di scoprire (anche allora solo al momento dell’emissione) come si era trovato il modo di celebrare un importante personaggio storico o una manifestazione di rilievo nazionale; oggi càpita spesso di trovare un logo indecifrabile o immagini scontate per pubblicizzare un illustre semisconosciuto nel 135º della dipartita o la lavanderia dell’amico del politico di turno.

Quindi anche la filatelia deve aggiornarsi, liberandosi da queste minestrine riscaldate tipiche di una mentalità da filpaleolitico. Da un lato proponendo nuove modalità di collezionismo, più attuali e fattibili, quindi slegate dalla rarità e da un’alta qualità piena di trabocchetti commerciali; il fascino della memoria, la cultura, persino le mode possono offrire validi suggerimenti.
Dall’altro una politica di emissioni che si liberi da una tradizione di celebrazioni tradizionali, di personaggi e avvenimenti sconosciuti ai più, e di enti ed eventi di cui non frega niente a nessuno. Un tempo il francobollo era talmente presente nella vita d’ogni giorno da essere utilizzabile come veicolo propagandistico e pubblicitario, oggi fa fatica a farsi vedere e perciò deve autopromuoversi con immagini suggestive e stimolanti, altro che loghi e chiese, faccioni e facciate! Si può mantenere la serietà di una carta-valore di Stato anche con il sorriso di una creatività all’altezza dell’Arte che ha sempre distinto l’Italia.

(Storie di Posta - Volume diciottesimo - nuova serie- Novembre 2018)