Parte terza - Le poste private

I primi effettivi servizi di trasporto delle corrispondenze private furono quelli organizzati all’epoca dei Comuni dai mercanti, valendosi di atletici corrieri e degli osti delle principali località, quelle poste lungo le strade più frequentate. Gli Stati arrivarono solo vari secoli dopo a comprendere l’importanza di un servizio postale pubblico, e se vi imposero la loro esclusiva fu soprattutto per poterne trarre un maggior lucro nell’affidarne la gestione in appalto.

Ma anche l’imposizione della privativa postale di Stato non ha mai bloccato l’attività dei privati nel trasporto e il recapito delle lettere. Prima per la scarsità dei controlli, malgrado le grida e le minacce in proposito, in seguito soprattutto per le carenze del servizio pubblico, interessato soltanto alle maggiori linee di comunicazione. In pratica fu solamente nell’Ottocento, soprattutto a seguito delle nuove istanze democratiche diffuse dalla Rivoluzione francese, che venne realmente imposta la privativa postale, motivandola ufficialmente col fatto che la posta costituiva un servizio di primario interesse pubblico, e che soltanto lo Stato disponeva dei mezzi per garantirlo, soprattutto per quanto concerneva il segreto epistolare e la speditezza.

Tuttavia l’attività postale dei privati non è mai stata del tutto bloccata dalla privativa di Stato, malgrado le normative sempre più rigorose e i controlli, ma è continuata anche negli ultimi due secoli, fino a diventare la norma – quasi un ritorno all’antico – con l’ingresso nel terzo Millennio. E questo non solo nei Paesi dove non esisteva un servizio postale di Stato oppure non era in grado di servire l’intero territorio o risultava scarsamente efficiente. Anche senza tener conto dei forwarders, gli intermediari postali che prima dell’avvento dell’UPU si offrivano di avviare le corrispondenze per l’estero nel modo più celere e sicuro, occorre considerare che non tutti gli Stati hanno imposto la privativa sul servizio postale (tanto per restare in casa, il Granducato di Toscana non la conobbe mai, e la cosa durò fin oltre la proclamazione del regno d’Italia) oppure non l’hanno posta su alcune categorie di oggetti (in Italia sulle stampe dopo il 1874 e sui pacchi fino al 1927) o su particolari servizi come il recapito in ambito cittadino (soprattutto in Germania). E comunque anche in Paesi con una rigorosa normativa in proposito, come è sempre stata l’Italia, erano previste alcune eccezioni dettate soprattutto dal buonsenso: come il caso delle corrispondenze destinate a località non ancora o non più servite dalla posta e di quelle che, per ragioni di urgenza, venivano affidate a un “espresso”, cioè a una persona espressamente incaricata, e pagata.

Una lettera del 1844 da Lucca trasportata e recapitata “nel Palazzo Arcivescovile” di Pisa dai servizi della Diligenza Grassi

Un caso del tutto particolare è rappresentato dalle poste dei Thurn und Taxis, ultimi discendenti tedeschi della casata dei Della Torre e dei Tasso, che fino al giugno 1867 hanno continuato la loro attività in regime di monopolio in alcuni dei principati, dei ducati e delle città libere che nella frammentata Germania ottocentesca avevano preferito, a causa soprattutto dei loro limitati territori, non creare una propria amministrazione e organizzazione postale. Ptrima che l’unificazione di questi piccoli Stati alla Prussia ponesse fine alla loro attività, i Thurn e i Taxis ebbero anche modo di emettere francobolli; anzi, dovettero creare due differenti serie, una in kreuzer e l’altra in silver groschen, a seconda della moneta circolante nei vari Paesi da loro serviti.

Un altro caso a parte è rappresentato dagli Zemstvo, le poste distrettuali russe, frutto estremo della concezione molto diffusa all’epoca anche in Paesi come l’Austria di servire solo le località di una certa importanza, lasciando a tutte le altre comunità il compito di collegarsi al più vicino ufficio di posta per servire i propri cittadini. Nella Russia del tempo degli zar, le poste statali si occupavano infatti solo del servizio fra le maggiori città e con l’estero, lasciando che in tutto il resto del suo immenso territorio fossero le autorità locali ad occuparsene, ciascuna con i suoi mezzi, i suoi sistemi, e da una certa data anche i suoi francobolli.

Come sempre accade quando una corrispondenza trasportata da una posta privata deve entrare nei canali della posta di Stato, accanto all’eventuale francobollo privato (in questo caso un policromo Zemstvo) di solito figurano quelli ufficiali per l’affrancatura fino a destinazione.


Dove il servizio postale di Stato manca o làtita

Nell’Ottocento non erano pochi i Paesi, soprattutto dell’Africa e dell’Asia, che non avevano un proprio servizio postale o ne avevano uno del tutto inadeguato alle crescenti necessità del commercio e della comunicazione. Tanto che per venire incontro alle esigenze dei residenti stranieri era frequente che fossero i Paesi più avanzati, soprattutto europei, a entrare in azione, istituendo propri uffici postali, spesso sistemati presso ambasciate e consolati o i terminal delle compagnie di navigazione nazionali. Ma non mancarono le iniziative private, spesso con storie suggestive. Come quella della Posta europea, fondata in Egitto dal livornese Pietro Meratti, che già dal 1820 svolgeva un proprio servizio di trasporto, recapito e forwarding fra il Cairo e Alessandria. Proprio per sopperire all’inefficienza delle poste egiziane, nel 1840 istituì un proprio servizio tra diverse località, coordinato con gli uffici postali di altri Paesi esistenti ad Alessandria in funzione soprattutto delle partenze dei piroscafi. Nel 1843 gli successero i nipoti Tito e Amero Chini che, grazie soprattutto al bolognese Giacomo Muzzi che nel 1848 ne assunse la direzione, diedero tale impulso al servizio e alla rete, con uffici in tutte le principali città egiziane, che persino le Poste di Stato se ne servivano; tanto che nel 1862 Said Pascià finì per abolire il servizio statale per attribuire il monopolio postale alla Posta europea. E tre anni dopo il suo successore Ismail Pascià acquistò l’intera struttura per 950.000 franchi-oro per trasformarla dal 2 gennaio 1866 nelle nuove Poste Egiziane di cui il Muzzi, insignito del titolo di Bey, fu Direttore generale fino al 1877. Poste divenute così efficienti che, pur essendo l’Egitto un vice-reame dell’Impero ottomano, si permisero di aprire propri uffici postali persino a Costantinopoli.

Lettera del 1861 trasportata dalla Posta europea dal Cairo ad Alessandria e di qui inoltrata a Livorno a mezzo delle poste francesi; l’inoltro con i mezzi francesi, inglesi o italiani dipendeva unicamente dalla nazionalità del primo piroscafo postale in partenza.

Un altro suggestivo caso “italiano” riguarda il Marocco, dove ancora a fine Ottocento mancava un servizio postale ufficiale, e solo dal 1891 furono i privati a occuparsene gestendo collegamenti fra le città dell’interno e la costa, soprattutto in funzione del traffico postale con l’Europa assicurato dagli uffici postali francesi, britannici e spagnoli. Una di queste poste fu creata tra Mazagan (oggi El Jadida) e Marrakesh, nel 1897, dal viceconsole italiano a Mazagan, Carlo Morteo, in collaborazione con il locale ufficio postale britannico. Come tutte le altre poste private attive in Marocco, anche quella del Morteo si dotò di francobolli e cartoline postali, stampati a Londra da Waterlow & Layton ma con diciture in arabo e italiano, allora lingua franca in tutti i Paesi del Medio Oriente e dintorni: i valori più alti comprendevano anche la tassa postale da versare all’ufficio inglese per l’affrancatura con francobolli di Gibilterra (da cui l’ufficio dipendeva) per il successivo inoltro verso altri Paesi. Questa posta privata cessò di funzionare il 27 maggio 1900.

Lettera locale del 1895 trasportata da Mazagan a Marrakesh con il servizio organizzato da Carlo Morteo.


Dove non esisteva la privativa postale

Il liberalismo economico ha fatto sì che, almeno nell’Ottocento, alcuni Stati non imponessero la privativa sul trasporto delle corrispondenze, pur essendo attivo un servizio postale statale. In Italia questo si verificò nel Granducato di Toscana, dove tra il 1844 e il 1862 si imposero i servizi delle diverse Strade ferrate toscane, unico caso in Italia di poste private regolarmente e ufficialmente operanti prima in concorrenza con le Poste granducali (in cambio dell’obbligo di trasportare gratuitamente i sacchi di posta del servizio pubblico, scortati però da un corriere che pagava regolarmente il biglietto!) e poi anche con quelle italiane, fino a quando il 1º gennaio 1863 la nuova legge postale votata dal Parlamento italiano non impose la privativa anche nelle provincie toscane.

Le diverse Società ferroviarie succedutesi nel tempo – la Leopolda, la Maria Antonia, le Strade ferrate lucchesi e livornesi e quella Centrale toscana – si valevano delle proprie stazioni per occuparsi del trasporto e anche del recapito di lettere e pacchi, seppure limitatamente alle località toccate dalle rispettive linee. Le tariffe erano identiche per tutte le società e praticamente identiche a quelle delle Poste granducali; a testimoniare il servizio sono le stesse lettere attraverso i bolli a date applicati nelle varie stazioni, quelli di tariffazione tra cui l’ovale FRANCA, talvolta corredato dalla sagoma di una vaporiera, e i classici “Da esigere 2 crazie” o “15 cent.”, e le indicazioni manoscritte come la via e il numero civico o “Il capostazione è pregato di sollecito recapito” che dimostrano la consegna a domicilio. Malgrado il periodo non venne emesso alcun francobollo, ma sulle lettere più pesanti si trovano applicate le etichette previste per i pacchi, usate come segnatasse con la cifra dovuta segnata talvolta a penna.

Il recapito a domicilio era compreso nel servizio delle varie Strade ferrate, come mostra la dicitura manoscritta su questa lettera del 1860: “Il Capostazione è pregato di sollecito recapito”.


Dove non arrivava il servizio di Stato

Un tempo anche le poste di Stato erano molto attente a far quadrare i bilanci, e pertanto portavano i loro servizi solo dove era assicurata una rendita minima o i comuni interessati collaboravano alla spesa. In Italia ad esempio agli inizi del regno era prevista l’esclusione dalle norme sulla privativa postale di “lettere e pieghi che un individuo, il quale abita un Comune dove non havvi Ufficio di posta, ritira o fa ritirare, porta o fa portare in altro Comune limitrofo in cui esiste un Ufficio postale. Questa eccezione s’intende estesa ai Comuni dove il servizio postale non è giornaliero per le lettere ed i pieghi che si spediscono nei giorni in cui non vi ha partenza della posta.” In Gran Bretagna qualcosa di simile si verificava ancora nel secolo scorso con le non poche isole minori abitate da piccole comunità, spesso soltanto nel periodo estivo. In vari casi il problema fu risolto dagli abitanti arrangiandosi in proprio, spesso avendo cura di allestire e usare speciali francobolli, soprattutto per allietare i turisti; è il caso dell’isola britannica di Lundy, nel canale di Bristol, che in certi periodi si valse anche dei servizi (e dei francobolli-etichetta numerati) dell’Atlantic Coast Air Service, che collegava l’isola a Barnstaple.

I primi francobolli di Lundy erano illustrati con i caratteristici uccelli dell’isola, i puffin, e anche il valore era indicato in puffin.

Nell’Impero austro-ungarico e in Svizzera il problema dei collegamenti postali riguardava invece soprattutto le case di cura che, in epoca di tisi e tubercolosi, spesso erano in zone salubri ma sperdute (come la Hoben Rinne, nei Carpazi, che dal 1894 al 1925 organizzò un proprio servizio con Grossau), e soprattutto gli alberghi isolati tra i monti, di gran moda ancora negli anni ’30, dove i francobolli propri in uso fin dal 1864 e spesso gradevoli e fantasiosi avevano anche una funzione pubblicitaria.

Alcuni francobolli alberghieri svizzeri usati per i servizi di collegamento all’ufficio postale

Il problema era ovviamente ben maggiore nei Paesi che si confrontavano con un territorio molto vasto, come gli Stati Uniti d’America, o in certi casi difficoltoso, come nel continente australiano. Negli States furono molte le “indipendent mail” grandi e piccole, spesso molto apprezzate dal pubblico (la lettera riprodotta, trasportata nel luglio 1860 dalla Bigelow Express, operante fra Boston, il New England e lo Stato di New York, conteneva 40 dollari e alcuni spiccioli) e contrastate dalle poste ufficiali. In altri casi invece vi era collaborazione, come mostra questa busta di Stato da 3 cents soprastampata con il PAID della Langton Pioneer Express, inviata nel maggio 1859 da Downieville, piccola località della Sierra Nevada, a San Francisco e trasportata anche dai poney express della mitica Wells Fargo & Co.

Queste poste private hanno impiegato tutti i mezzi possibili, dal cavallo alle biciclette, e in qualche caso persino i piccioni viaggiatori, la cui capacità di tornare al luogo di partenza è stata sfruttata in ogni epoca, ma non per servizi postali regolari. Solo in Nuova Zelanda fra il maggio 1897 e il 1908 ben due agenzie private li utilizzarono per collegare Auckland con Port Fitzroy, sull’Isola della Grande Barriera che era raggiungibile via mare con molte difficoltà: le lettere andavano scritte su appositi fogli di carta velina, venduti già affrancati con speciali francobolli.

In Italia se ne è avuto un solo caso, svolto in barchetta e durato pochi giorni. Riguarda l’Isola delle Rose, una piattaforma costruita a scopo sperimentale e turistico da un privato nel 1968 al largo di Rimini, in acque extraterritoriali, che organizzò anche un proprio servizio di collegamento con il più vicino ufficio italiano, e per questo emise anche un proprio francobollo, con diciture in esperanto. Ma l’Italia vide la creazione di quest’isola artificiale non come una conquista tecnologica ma come un pericoloso precedente, e la fece abbattere.


Quando la privativa postale non è totale

In qualche Stato la privativa postale non è stata posta sulle corrispondenze circolanti in città e negli immediati dintorni, stante soprattutto la difficoltà dei controlli, oppure sono state previste deroghe che lasciavano ai privati il compito di sopperire alle mancanze del servizio pubblico, spesso anche per poter valutare se valeva la pena di colmarle. In Paesi come la Germania e gli Stati Uniti queste poste private di città hanno operato a lungo, specie dove le Poste di Stato non offrivano il recapito a domicilio e molti cittadini avevano bisogno di qualcuno che ritirasse le loro corrispondenze giacenti all’ufficio postale. Daniel Otis Blood, fondatore di una posta di città a Philadelphia, giunse a ironizzare sulla situazione con il suo primo francobollo, in cui appare un fattorino carico di posta che scavalca il palazzo delle poste di Stato.

In Italia a fine Ottocento un tentativo del genere venne fatto dalle cooperative di fattorini, che nelle maggiori città svolgevano servizi di recapito di circolari e stampe, che dal 1874 non erano più soggette a privativa: profittando infatti dell’eccezione alla privativa riservata agli “espressi” si offrivano come alternativa alle poste anche per quanto riguardava le corrispondenze di città. E nel 1891 la Cooperativa fattorini di Milano e quella sempre milanese di G. Vitta predisposero persino dei francobolli mentre altre, più discrete, usavano in tal senso delle semplici etichette numerate. La reazione governativa fu di ammettere il trasporto delle corrispondenze locali da parte dei privati, ma di imporre una tassa su tale servizio, tassa che dal 1928 alla fine del secolo veniva rappresentata con la speciale marca di recapito autorizzato. Da notare che tali agenzie di recapito sono state spesso impiegate dalle stesse poste per la consegna degli espressi.

Il retro di una bustina napoletana d’inizio Novecento con l’etichetta numerata di un’impresa fattorini che, con un voluto richiamo all’eccezione prevista dalla legge sulla privativa, si chiamava The Express.


Le linee di navigazione marittima e aerea

Le compagnie di navigazione nell’Ottocento e quelle aeree tra le due guerre mondiali hanno potuto effettuare in molti casi dei propri servizi di posta, sia per ragioni di libero mercato sia perché operavano fuori dalle acque territoriali o in un cielo non ancora sottoposto al controllo statale o in località non servite o mal servite dalle poste di Stato, sia perché nelle convenzioni firmate con le amministrazioni postali erano riuscite a ottenere una certa autonomia, finalizzata soprattutto a emettere propri francobolli, utili sia in funzione pubblicitaria che sul piano filatelico.

Tra le compagnie di navigazione fa spicco quella del Danubio, fondata nel 1830 a Vienna, che svolgeva un proprio servizio postale fra le diverse agenzie poste sull’intero corso del fiume. Per quanto nel 1846 avesse firmato una convenzione con le Poste austriache, fino al 1879 continuò a svolgere servizi postali in proprio fra la Serbia, la Moldavia e la Valacchia fino a Odessa, sul Mar Nero, utilizzando anche propri francobolli e propri bolli.

Le compagnie aeree ebbero modo di gestire propri servizi soltanto in alcuni Paesi, come il Canada, e solo nei periodi iniziali, quando il volo era un optional piuttosto rischioso e soprattutto oggetto di spettacolo, come mostrano bolli e vignette speciali utilizzati per manifestazioni aeree. Quando i collegamenti divennero più frequenti e regolari, il servizio aereo fu assunto direttamente dalle poste, e attuato mediante convenzioni con le varie compagnie. Con qualche eccezione, come quella rappresentata dall’Aeroespresso del Levante, prima compagnia aerea costituita in Italia il 15 dicembre 1923 per la gestione della linea Brindisi-Atene-Costantinopoli (inaugurata però soltanto il 1º agosto 1926) e anche l’unica in Europa ad emettere propri francobolli, anche se in un altro Paese. Infatti, a differenza dell’Italia e della Turchia, per il pagamento delle soprattasse aeree le Poste elleniche accettarono l’uso di francobolli curati ed emessi, con il loro assenso, dalla società che gestiva il servizio, e che dall’ottobre 1926 furono regolarmente venduti negli uffici postali greci.

Cartolina del 1933 inviata da Atene a Cortina d’Ampezzo a mezzo dell’Aeroespresso; oltre allo speciale francobollo aereo (stampato in Italia) figura anche un bollo promozionale, indicante che la via aerea era stata offerta anche oltre il dovuto, ovvero da Brindisi a Venezia.

Ancor più importante e dinamica l’attività di una compagnia colombiana, la SCADTA (Sociedad Columbo Allemana de Transportes Aereos, che non solo gestì direttamente il servizio postale aereo in quel Paese utilizzando propri francobolli, ma dal 1925 iniziò a venderli nei consolati colombiani e in altri punti-vendita di tutto il mondo, per consentire l’inoltro aereo delle corrispondenze dirette in Colombia dal porto di Barranquilla verso l’interno. Queste forniture vennero appositamente soprastampate con la sigla dei vari Paesi; è nota anche la serie con la soprastampa I per Italia.

Una delle poche corrispondenze note in cui il regolare francobollo italiano per l’estero è affiancato dal francobollo SCADTA, oltre che dalla speciale etichetta aerea.


Quando si verificano emergenze postali

Quando i servizi ufficiali vengono a mancare, a causa di guerre, di scioperi e di altre calamità più o meno naturali, l’intervento dei privati si è sempre rivelato utile per consentire un minimo di servizio, e anzi nella maggior parte dei casi – almeno in Italia – è stato svolto in collaborazione con le Poste, o con la loro autorizzazione, seppure talvolta taciuta per ragioni di propaganda.

Malgrado due conflitti mondiali che hanno avuto l’Italia come teatro di operazioni, i casi italiani sono alquanto scarsi, e spesso riguardano i Comuni, costretti ad attivarsi per garantire il servizio postale ai propri cittadini. Il primo intervento di un municipio si ebbe a Udine nel 1918 durante l’occupazione austriaca; poiché la gente si rifiutava di andare a ritirare la posta all’ufficio postale istituito dagli occupanti, un Etappenpostamt militare, fu il Comune a organizzare un proprio servizio di recapito, escluse solo le raccomandate, incassando 5 cent. per ogni corrispondenza, evidenziati da un apposito segnatasse.

La quartina del francobollo municipale di Udine con i due diversi tete-beche, uno non dentellato su un lato: era infatti stampato in foglietti di 24 imprimendo due volte un blocco di 12, uno capovolto rispetto all’altro, ed era dentellato solo all’interno, così che ne esistono vari sottotipi. Veniva normalmente preannullato, forse per ragioni di controllo.

L’intervento dei Comuni si rese necessario anche tra il 1944 e il 1945 in diverse località dell’Alta Italia a causa della disastrosa situazione di ferrovie e strade conseguente ai bombardamenti alleati: non poche furono le località del Piemonte, della Lombardia e del Veneto costrette a organizzare un proprio collegamento con il più vicino ufficio postale in attività, e di solito veniva richiesta una piccola soprattassa, per compensare l’incaricato, che di solito effettuava il viaggio in bicicletta o anche a piedi. In una decina di località questa sovrattassa, variabile da 25 cent. a 1 lira su ogni corrispondenza in arrivo, escluse di solito quelle in franchigia e le stampe, venne rappresentata con una marca appositamente preparata, che veniva applicata e bollata dal locale ufficio postale prima di effettuare la consegna. Solo in qualche caso ne fu previsto l’uso anche sulle corrispondenze in partenza; e a Castiglione d’Intelvi si pensò di usare i normali francobolli anche per riscuotere la soprattassa, soprastampandoli con l’importo richiesto per il collegamento con Argegno e Como; dimenticando però che per legge le soprastampe private erano considerate un annullamento, così che tali valori dopo i primi giorni poterono essere usati solo per rappresentare la tassa municipale, avendo perso il valore d’affrancatura. Le poste della Repubblica Sociale non poterono impedire queste iniziative, ma solo che se ne parlasse, e a metà aprile del 1945 informarono che il costo di tali servizi ausiliari andava addebitato alle poste e non al pubblico: ma era ormai troppo tardi.

I valori municipali di Aramengo e di Cocconato, due paesi dell’Astigiano che organizzarono con altri 4 comuni un servizio postale ausiliario utilizzando francobolli del tutto uguali salvo il nome.

Il comune di Pinzano al Tagliamento in provincia di Udine (ora di Pordenone) iniziò un suo servizio in bicicletta nel novembre 1944, e fu l’unico a stabilire tre diverse tariffe, con tre diversi francobolli: 25 c. su cartoline e ricevute di ritorno, 50 c. sulle lettere e 1 L. su raccomandate, assicurate ed espressi.

Lettera spedita da Castiglione d’Intelvi nei primi giorni del servizio; affrancata per l’esatta tariffa di 1 lira con 5 pezzi da 20 cent., di cui due soprastampati per pagare la richiesta soprattassa di 1 lira.

A Guidizzolo e altri paesi del Mantovano il servizio ausiliario veniva pagato utilizzando un francobollo di recapito autorizzato appositamente soprastampato; in tal modo l’incasso effettivo era di 90 cent., e senza tener conto della stampa.

Un vero e proprio servizio di trasporto postale organizzato da privati fu quello messo in atto tra l’aprile e il maggio 1920 dalla Camera di commercio di Milano per far fronte agli scioperi e ai boicottaggi che stavano bloccando le comunicazioni in gran parte d’Italia. Previo accordo con il ministero delle Poste fu attivato un servizio di trasporto e recapito delle corrispondenze a Milano e provincia e, in collaborazione con altre Camere di commercio, il collegamento con varie città dell’Italia settentrionale, dove i dispacci erano affidati alla posta per il recapito. Furono usati appositi francobolli, ottenuti ristampando un’etichetta pubblicitaria della rivista L’industria meccanica in vari colori e con l’aggiunta del valore.

Del tutto eccezionali, anche per il mezzo impiegato, furono i due servizi postali privati che agli inizi del 1945 collegarono varie regioni della Repubblica Sociale con tanto di autorizzazione delle Poste: la Coralit, Corrieri Alta Italia, che congiungeva Torino, Milano, Venezia e Trieste, e la SEIS, Società Espressi Italia Settentrionale, che collegava Veneto, Lombardia ed Emilia. Entrambi i servizi erano svolti da corrieri in bicicletta, in base a tariffe notevolmente elevate rappresentate da appositi bolli e in seguito anche da etichette e francobolli speciali, che però la SEIS non fece in tempo a utilizzare: solo la Coralit funzionò ancora per qualche tempo dopo la Liberazione. Le tariffe, che partivano da un minimo di 10 o 14 lire (e allora un normale espresso si pagava 3,50), comprendevano però anche il costo della regolare affrancatura, realizzata con normali francobolli e solitamente bollata dalle poste della località di partenza: le corrispondenze venivano poi consegnate all’ufficio postale del luogo di destinazione per il recapito raccomandato o espresso.

Lettera spedita da Venezia con la Coralit il 21 maggio 1945 e giunta a Torino il 4 giugno successivo, quando venne affidata alla posta che annullò i francobolli e ne curò il recapito per espresso.

La serie di francobolli della SEIS, mai posta in uso.

Andata all’antico

Con il nuovo millennio tutto questo sta diventando un capitolo precursorio, a seguito della graduale caduta di ogni privativa sul servizio postale. E si sono avuti anche in Italia casi di poste di altri Paesi o anche di imprese postali private che hanno iniziato la loro attività. Non resta che seguirne l’evoluzione, sia essa evidenziata da francobolli o da più semplici bolli e impronte a stampa.