Non emessi, saggi e altre cose

Il termine “non emesso”, di origine filatelica e risalente probabilmente agli anni ’20, fu coniato per identificare le carte-valori postali non poste in corso quando era già pronta per la distribuzione almeno una prima e consistente fornitura, e che perciò si presentano con caratteristiche del tutto identiche a quelle dei valori regolarmente emessi nello stesso periodo.
Lo scopo, in un periodo in cui i collezionisti preferivano gli esemplari usati e veniva considerato degno di essere catalogato e raccolto solo un francobollo regolarmente emesso e usato a fini postali, era di dare dignità a quei pezzi che solo per un caso – talvolta storicamente e/o postalmente molto interessante – non erano arrivati agli sportelli postali. Pur avendo tutti i crismi dell’ufficialità, tanto da essere in gran parte venduti per collezione dalle stesse Amministrazioni postali, e anche una discreta tiratura, tale da escludere intenti speculativi nella loro catalogazione e vendita.
Naturalmente in qualche caso si tentò, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, di nobilitare e giustificare con tale termine anche prove di soprastampa e produzioni filateliche tipiche delle emissioni di occupazione approntate a livello locale, tutte normalmente limitate a pochi pezzi (massimo un centinaio) che non sarebbero mai state sufficienti a una regolare emissione.
Infine a partire dagli anni ‘80 in Italia si è cominciato ad attribuire tale definizione anche a materiale eterogeneo molto meno nobile. Quasi ogni anno se ne scopre e cataloga qualche nuovo esemplare: e talvolta non sono neppure interessantissimi “saggi di francobolli mai emessi”, ma semplici varietà, resti di stamperia talvolta taroccati e persino vignette erinnofile o produzioni di privati. Il motivo è semplice: venderli meglio e a prezzo molto elevato. Basta vedere le cifre a cui sono arrivate queste new entries dal momento della loro catalogazione come “non emessi” per capire quale affare si siano rivelati per qualcuno.
Già, perché nei cataloghi, mentre saggi e varietà sono riportati in coda e in piccolo e sovente non ci sono neppure, i non emessi hanno pari dignità con gli altri valori e rientrano quindi nella serie degli esemplari che “se non ce l’hai la tua collezione è incompleta”. E nessun catalogo, se si escludono tre casi al mondo (InterItalia, l’Unificato di storia postale del 1985 e il sammarinese 4 secoli di posta, francobolli e interi), ha mai fornito definizioni precise su che cosa debba intendersi per francobollo-tipo, sottotipo, non emesso, foglietto, saggio, prova e via dicendo. Tanto, come diceva un noto mercante-editore, “i collezionisti più roba gli dài da collezionare più sono contenti” mentre un suo collega è del parere che “se non ci sono tanti scogli-rarità una collezione ha poco interesse”. Per cui avanti con la confusione!
Dopotutto per giustificare la cosa ai collezionisti meno preparati basta raccontar loro — comè ha fatto di recente un “vip” del mercato filatelico — che “sono su carta filigranata e dentellata” e perciò ufficiali. Mostrando di ignorare che ai tempi dell’Officina Carte-Valori torinese non si usavano ancora i “cartoncini di presentazione”, quelli con le prove ritagliate e montate su francobolli dentellati (ma non stampati) applicati su cartoncino nero; allora si approntava una piccola tavola di prova e se ne tirava qualche foglio, talvolta completo di filigrana e/o dentellatura per meglio valutarne l’effetto finale.
Soprattutto si evita di considerare che un vero non emesso, essendo già pronto per l’emissione, è in versione unica, mentre questi saggi sono sovente in colori o combinazione di colore differenti, proprio perché ancora in fase di allestimento.
Quasi sempre poi si aggiunge – per spiegare il quantitativo limitato e soprattutto per aumentarne l’interesse – l’amena storiella che “l’intera tiratura è stata distrutta tranne pochi esemplari”. Naturalmente senza mai citare le fonti alla base di tale asserzione, come si conviene a ogni classica balla.
Certo, anche saggi e prove – e persino le semplici idee di francobollo (che oggi si possono facilmente realizzare con un computer e una stampante laser) – si può dire che, non essendo mai stati emessi, sono dei “non emessi”. Ma, oltre che un sofismo, non è la stessa cosa. Emettere significa mettere in corso, il che presuppone una precisa volontà, supportata da tutta una serie di formalità normative e amministrative; e per la stessa ragione non emesso presuppone che l’iniziale volontà di mettere in corso quel valore ha dovuto per qualche ragione far marcia indietro. Non si tratta perciò mai di casualità, come nel caso di sottotipi, saggi, minitirature (tipo i “10 esemplari 10” di certe emissioni di occupazione) o varietà, che possono o meno finire in distribuzione o su una busta. Si tratta di francobolli veri e propri, con una precisa e spesso intrigante storia alle spalle: e non sono molti.

I veri non-emessi


MODENA 1857. Marca per giornali da 9 cent. senza le lettere B.G. (Bollo Gazzette) davanti al valore.

Fu approntata tra l’agosto e il settembre 1857 in 481.680 esemplari, ma non venne subito consegnata agli uffici per la prevista applicazione sui giornali politici provenienti dall’estero poiché vi erano ancora scorte del tipo precedente. Restò poi in magazzino perché due mesi dopo, il 1º novembre 1857, questa tassa fiscale sulle gazzette estere fu elevata a 10 cent. A differenza delle rimanenze di tutti i valori modenesi, inviate a Torino alla Direzione generale delle Poste nel 1863, l’intera provvista di questa marca rimase a Modena in qualche armadio, finché nel 1875 un impiegato del locale Ufficio dell’Intendenza di Finanza non la scoprì e cominciò a cederne dei fogli a collezionisti e commercianti; ben presto la vendita fu bloccata, ma riprese ufficialmente in seguito da parte delle Poste italiane.

NAPOLI 1861. La serie che imita i francobolli italiani del Matraire.

Il barone Gennaro Bellelli, nominato Direttore generale delle Poste di Napoli dopo la caduta dei Borboni, agli inizi del 1861 preparò una serie per sostituire i francobolli con lo stemma del vecchio reame, e la volle praticamente identica a quella approntata a Torino dal Matraire e allora in corso nel resto d’Italia, seppure inizialmente fosse previsto il valore in moneta napoletana. Dalla Direzione generale delle Poste di Torino si tentò di dissuadere il Bellelli, ma solo il 1º aprile 1861, con la sua messa a riposo, le nuove Poste italiane riuscirono a bloccare la produzione della serie, soprattutto per il timore di falsi e abusi; e in effetti qualche esemplare di ogni valore sfuggì ai controlli e fu regolarmente usato per posta sia a Napoli che a Torino, dove l’intera fornitura approntata — 290.150 esemplari, per un totale di 20.100 serie complete — venne subito inviata insieme a 1.744.100 esemplari non finiti, con l’intenzione forse di riciclarli e metterli in distribuzione. Le serie finite e alcuni fogli incompleti riemersero dai magazzini solo sessant’anni più tardi e nel 1926 vennero posti in vendita per collezione.

ESTERO 1881. Il 2 lire di Umberto per gli uffici postali all’estero.

Nel 1881 il francobollo umbertino da 2 lire ebbe un’edizione speciale coi consueti ritocchi agli angoli e la dicitura ESTERO aggiunta, per l’uso negli uffici postali italiani in Egitto, Eritrea, Tripolitania e Tunisia. Come sempre la tiratura rimase ferma in magazzino in attesa che si esaurisse il vecchio tipo con l’effigie del defunto Vittorio Emanuele II, le cui provviste — stante lo scarso utilizzo di tale alto valore — furono invece sufficienti fino al 1889, quando tutti questi francobolli speciali vennero aboliti. Qualche esemplare fu annullato alla fine del 1889, ma a Roma e usando bolli in giacenza al Ministero; la vendita per collezione iniziò alla fine del 1893.

ITALIA 1891. La cartolina-notizie per la Croce Rossa.

Una cartolina postale con risposta pagata preintestata alla Croce Rossa, che doveva consentire ai famigliari dei militari al fronte di avere notizie sui loro congiunti feriti o malati, fu stampata tra la fine del 1890 e la prima metà del 1891 in previsione di non si sa quale conflitto; ma non fu mai posta in corso proprio per mancanza di guerre. La notizia della sua esistenza si ebbe solo nel 1915, quando fu messa in vendita per collezione e finì per anticipare la guerra vera – addirittura mondiale – che stava per travolgere l’Italia. È l’unico caso in cui si parlò ufficialmente di distruzione dell’intera provvista tranne 10.000 esemplari riservati ai collezionisti, venduti però solo per pochi mesi —proprio a causa dello scoppio della guerra — agli inizi del 1915, a L. 2 per cartolina.

ITALIA 1913. Il francobollo per espresso urgente.

A fine 1913 fu approntato un valore da 40 cent. per il nuovo servizio di espresso urgente voluto dal ministro Teobaldo Calissano e che, con 15 cent. in più, consentiva di allertare telegraficamente il fattorino che avrebbe poi consegnato la corrispondenza con precedenza assoluta. La morte del ministro, e soprattutto i disastrosi risultati ottenuti nelle 14 Direzioni postali in cui il servizio fu sperimentato, portarono ad abbandonare l’espresso urgente già l’anno seguente e poi a sopprimerlo nel giugno 1915. L’intera tiratura dell’apposito francobollo previsto dal Regio decreto 20 novembre 1913, n. 1371, rimasta in magazzino, in questo caso non fu venduta per collezione ma venne interamente riciclata nel 1917 tramite soprastampe per ottenere un normale espresso da 25 cent. e il valore speciale per il trasporto aereo con idrovolante Napoli-Palermo e ritorno. Non sono noti esemplari senza soprastampa, neppure le classiche prove d’archivio.

TRIPOLI DI BARBERIA 1915. I piccoli valori con soprastampa diversa.

Nel 1915, quando da tempo l’ufficio postale italiano di Tripoli era un normale ufficio della Libia italiana e usava le carte-valori con soprastampa “Libia”, per accontentare le richieste dei collezionisti furono ristampati i francobolli da 1 e 2 cent.  floreali con soprastampa TRIPOLI DI BARBERIA. Dimenticando però che i predetti valori usati fino al 1912 in questo ufficio italiano all’estero recavano la soprastampa “Tripoli di Barberia” in maiuscolo-minuscolo, e non quella in tutte maiuscole riservata agli alti valori in lire. E poiché non furono naturalmente messi in corso ma venduti solo per collezione, resta solo il dubbio se considerarli non emessi oppure una ristampa, come le tante che si facevano allora in Austria a scopo filatelico, anche se anomala.

VENETO OCCUPATO 1918. I francobolli di recapito.

Nel Veneto orientale invaso fino al Piave l’Austria aveva aperto 22 Etappenpostamt, uffici postali di tappa, per consentire e insieme controllare il servizio della popolazione civile. Questi uffici non svolgevano però il servizio di recapito a domicilio e il Direttore della Posta militare austriaca, resosi conto che gli italiani non amavano recarsi dal nemico per ritirare le corrispondenze, pensò di organizzare un servizio di recapito a pagamento: la soprattassa gli avrebbe permesso di rimpinguare le sue esauste casse anche grazie a speciali Ortspostmarke – ottenuti riciclando delle marche da bollo italiane su cui aveva fatto imprimere il nome delle 18 località in cui era previsto il servizio – che avrebbe potuto vendere ai collezionisti. Ma la Direzione generale dell’Imperial Regia Posta militare bloccò l’operazione il giorno stesso in cui doveva iniziare; e anche se a Udine quel 15 giugno 1918 qualche esemplare venne usato su corrispondenze in arrivo prima che giungesse lo stop, l’intero quantitativo restò inutilizzato, e pervenne sul mercato – in Austria – solo nel dopoguerra. È la serie di non emessi più consistente: ben 72 diversi esemplari.

VENETO OCCUPATO 1918. I nuovi francobolli di posta da campo.

Nei 22 Etappenpostamt aperti il 25 aprile 1918 nel Veneto furono in uso i francobolli della posta da campo austriaca, dal 1° giugno soprastampati con nuovo valore in lire di occupazione. Per evitare confusioni e frodi i valori in heller furono sostituiti da un nuovo tipo con l’effigie di Carlo I su fondo bianco, e anche di questi si ebbe la soprastampa in centesimi; solo che questa serie rimase bloccata a Vienna a causa della ritirata e della sconfitta austriaca. Già l’anno seguente era ufficialmente in vendita per collezione, e finì coinvolta nello scandalo sugli errori di tinta, dentellatura e soprastampa delle serie di posta militare, creati e venduti sottobanco, che indussero il Consigliere di Stato Hesse – sorpreso in fallo e destituito da direttore della Stamperia austriaca – a impiccarsi a una finestra di casa sua.

ITALIA 1921. Dante Alighieri, il 15 cent. grigio.
Al valore da 15 cent. dedicato al centenario della morte di Dante Alighieri fu attribuito il color lacca quando già le Arti Grafiche E. Petiti avevano stampato una prima provvista in grigio, colore del corrispondente francobollo ordinario. Un anno dopo che la serie andò fuori corso, le rimanenze andarono alla Società Nazionale Dante Alighieri che ne aveva non solo promosso l’emissione firmando con la sua sigla tutti i valori, ma aveva pure pagato bozzettisti, incisori, stampa e carta filigranata. Insieme alle rimanenze ricevette anche tutti i fogli di scarto e pure la provvista del 15 cent. grigio, che quasi subito “vendette in blocco per collezione”11.

ITALIA 1921. L’espresso da lire 1,20.

I frequenti cambi di tariffa del primo dopoguerra erano sovente accompagnati, per quanto riguarda i francobolli distintivi di alcuni servizi, da soprastampe “di adeguamento” impresse sul tipo in corso, in attesa di un nuovo tipo con il valore aggiornato. Ma talvolta questo finiva per esser pronto poco prima di un ulteriore aumento, tanto da renderne inutile l’uscita, perlomeno senza una soprastampa correttiva. È quel che accadde con l’espresso per l’estero quando la relativa tariffa di colpo quadruplicò — passando da 30 cent. a lire 1,20 — nel febbraio 1921; anche se con calma, visto che la tariffa si poteva assolvere ugualmente con facilità, prima si soprastamparono le rimanenze, poi si mise mano al nuovo taglio da lire 1,20. Il quale però venne pronto per l’emissione ai primi del 1922, quando la tariffa fu ulteriormente elevata a lire 1,60. L’intera fornitura dovette perciò essere soprastampata, tranne un quantitativo che fu posto in vendita per collezione dal 1925, dopo che qualche esemplare era già arrivato all’estero. Ma anche il provvisorio fu sorpreso da un nuovo aumento a 2 lire, in vigore dal 1º gennaio 1923, che tra l’altro ne rendeva poco pratico l’impiego, così che solo nella primavera del 1924 si decise di porlo egualmente in distribuzione. Il divertente è che il non emesso è l’unico della sua classe ad aver avuto un termine ufficiale di validità, come spiega il R. decreto 13 gennaio 1924, n. 305 che istituiva l’espresso provvisorio da lire 1,60 su 1,20 ed evidentemente prevedeva anche l’emissione del tipo senza soprastampa.
Art. 2. — I francobolli espresso da L. 1,20 non muniti di soprastampa saranno validi a tutto il 31 marzo 1924 se applicati sulle corrispondenze con l’aggiunta di francobolli ordinari per l’importo di cent. 40 e saranno ammessi al cambio a tutto il 31 marzo 1925 dopo di che verranno tolti definitivamente di corso, e venduti per collezione, ai sensi dell’art. 139 del vigente regolamento generale.

DALMAZIA 1922. L’espresso da lire 1,20 “di corona”!

Una provvista dell’espresso da lire 1,20 fu anche soprastampata per gli uffici della Dalmazia dove circolava la corona e le tariffe non erano state cambiate. Ma la fornitura, giunta a Zara nell’ottobre del 1922, fu rispedita al mittente a seguito di una soprastampa a dir poco incongruente: a forza di specificare sui valori in corso che i centesimi non erano di lira ma “di corona”, si era finito per indicare il valore in soprastampa con LIRE 1,20 DI CORONA! Anche questo strano valore finì subito in mano ai collezionisti, e nel 1924 era offerto a prezzi fra le 40 e le 60 lire. La cosa più curiosa è che probabilmente si tratta dell’unico caso al mondo di due non emessi nati da uno stesso francobollo, decisamente jellato.

CINA 1922. Valori per gli uffici italiani allora esistenti a Beijing e a Tianjin.

Il 20 settembre 1917 furono aperti in Cina due uffici postali italiani, uno a Pechino e l’altro a Tientsin dove l’Italia aveva ottenuto una concessione territoriale sulle rive del fiume Pei-ho come ringraziamento per il suo intervento con due battaglioni durante la rivolta dei boxers. Queste due “collettorie di 1ª classe”, create in sostituzione dei preesistenti uffici di posta militare, erano esclusivamente al servizio “del personale addetto alla Legazione ed al Consolato, nonché della Regia Guardia e degli Equipaggi delle RR. Navi”. Come di consueto dagli inizi del Novecento, a ciascun ufficio fu inviata una provvista di francobolli e cartoline postali con il nome della rispettiva località in soprastampa; tutti questi valori furono poi in buona parte soprastampati una seconda volta in Cina per aggiungere il corrispettivo valore in moneta locale. Un secondo quantitativo del taglio da 20 cent., preparato utilizzando il nuovo tipo su carta filigranata, rimase però bloccato in Italia prima perché ci si era dimenticati di inserire anche il valore in cent. di dollaro cinese, poi a causa della chiusura degli uffici, a fine 1922, che impedì pure l’emissione di quattro segnatasse recanti finalmente impressi in un sol colpo «Pechino», o «Tientsin», il valore in moneta cinese e — per evitare confusioni — anche delle sbarrette sulla cifra originale in rosso. Questi valori furono in vendita solo in Italia, naturalmente per collezione, qualche anno dopo.

LEVANTE 1923. Ordinari ed espresso con valori in parà e piastre.

L’abitudine iniziata col Novecento di intestare i francobolli ai singoli uffici italiani all’estero, un po’ per ragioni di controllo e molto di più per moltiplicare l’incasso filatelico, fu ripresa dopo la Grande guerra, quando l’Italia riaprì un ufficio di Costantinopoli nel quartiere di Galata, e altri in quella “zona di influenza in Anatolia” (Smirne, Adalia e Scalanova) che si era assicurata col Patto di Londra, ma che il crollo della Sublime Porta stava rendendo inapplicabile. Nel 1923, quando si resero necessarie forniture con valore in parà e piastre, l’Officina Carte-Valori pensò di approntare un’unica provvista per tutti gli uffici, su cui applicare poi una seconda soprastampa col nome della località. Ma solo quella con COSTANTINOPOLI fu emessa; le altre soprastampe furono prima sospese, poi annullate, e la provvista inutilizzata fu destinata ai collezionisti.

CORFU’ 1923. I tre altri francobolli con valore in dracme.
L’occupazione di Corfù del 1923 per ottenere dal governo greco soddisfazione dell’uccisione di tre ufficiali italiani della missione interalleata per la delimitazione dei confini albanesi, avvenuta sulla strada fra Ioànnina a Santi Quaranta, postalmente parlando sa molto di farsa. L’isola greca fu occupata il 31 agosto, e l’11 settembre vi fu aperto – chissà perché – anche un ufficio postale italiano che usò prima normali carte-valori del Regno, e dal 20 settembre delle altre appositamente emesse. Solo che quando le forze italiane se ne andarono e l’ufficio chiuse i battenti, il 25 settembre 1923, le carte-valori emesse in soli cinque giorni ammontavano a ben 11 francobolli e 2 cartoline postali, parte con la sola dicitura CORFÚ e parte con il valore anche in moneta greca, mentre altri tre francobolli di questo secondo tipo furono pronti troppo tardi per essere utilizzati (si fa per dire) in loco.  

ITALIA 1925. I francobolli pubblicitari bloccati dalla rivolta degli utenti.

Un’altra storia a suo modo divertente è quella dei francobolli pubblicitari che iniziarono ad apparire alla fine del 1924 e – a differenza delle cartoline postali con tassello pubblicitario, in circolazione fin dal 1919 senza problemi – suscitarono subito tali e tante proteste da costringere le Poste dopo soli tre mesi a fare una clamorosa marcia indietro. Quando l’iniziativa venne bloccata, stava per entrare in distribuzione il francobollo per espresso da 60 cent. con la pubblicità dei Baci Perugina, la cui provvista in effetti arrivò quasi subito sul mercato filatelico, tanto che ne esiste qualche esemplare regolarmente usato per posta. Invece di un secondo valore, un 20 cent. con la pubblicità del “grafofono” Columbia, si ebbe notizia solo quando fu posto in vendita per collezione, nel 1944.

ITALIA 1930. Il francobollo aereo da 7,70 per la Crociera in SudAmerica.

Su nessun catalogo, se si esclude il primo Unificato di storia postale, figura la definizione di “non emesso” per il cosiddetto Balbo 7,70 del dicembre 1930, ma come si potrebbe definire altrimenti un francobollo che non fu messo in vendita prima del volo per cui si sarebbe dovuto usare, ma soltanto sei mesi dopo, dal 27 giugno 1931 e solo dall’Ufficio Filatelico presso il Ministero delle Comunicazioni, quando ormai ne era cessata da tempo la validità? Il fatto che esista annullato su buste tutte eguali preparate in esclusiva dal Ministero dell’Aeronatica e poi vendute insieme ai francobolli — e a caro prezzo — dal 15 agosto 1931, non è certo un buon motivo per considerarlo regolare. In effetti lo si può definire un non emesso su ordinazione.

LIBIA 1930 e SOMALIA 1935. I non emessi aerei coloniali.

Quando la rete aerea italiana cominciò a estendersi con regolarità all’Africa si pose il problema di dotare anche le Colonie di speciali francobolli per rappresentare le soprattasse aeree. Inizialmente, per fare in fretta, si pensò di soprastampare dei valori esistenti: per la Tripolitania quelli della serie aerea italiana, per la Somalia alcuni della serie ordinaria di questa colonia. Ma poi in entrambi i casi si preferì rimandare l’emissione di qualche mese, in attesa di apposite e più prestigiose serie pittoriche. Così il 50 cent. Pegaso con soprastampa rossa Tripolitania e cinque anni dopo i valori somali da 50 cent. con il Palazzo del Governo a Mogadiscio e da 2 lire con un termitaio muniti di soprastampa nera POSTA AEREA, dei quali era già stata preparata una prima provvista, restarono in un armadio. Finché non si pensò bene di venderli ai collezionisti, il primo alla fine del 1940 e i secondi nella primavera del 1943, in piena guerra, quando c’era fame anche di soldi.

REGNO SEPARATO D’ALBANIA 1939. La soprastampa sull’Imperiale.

Vittorio Emanuele III andava pazzo per le corone, e per farlo contento nel 1939 Mussolini gli regalò, dopo quella di imperatore d’Etiopia, anche quella di re d’Albania. Per cambiare velocemente i francobolli in corso nel nuovo reame dei Savoia, al Poligrafico si iniziò subito a stampare la serie Imperiale in colori un po’ diversi e con l’aggiunta di una soprastampa bilingue che ne mutava anche il valore nella moneta shqipetara, il qindar. Ma i primi quattro valori giunti a Tirana sollevarono forti critiche, poiché davano l’idea che l’Albania anziché un regno a sé fosse una dipendenza di quello italiano, e si decise perciò di creare una serie davvero nuova. La fornitura giunta da Roma restò quindi chiusa in qualche armadio, anche se probabilmente furono in molti – italiani, albanesi e poi tedeschi – ad accedervi negli anni seguenti: tanto che alla fine del conflitto la provvista si era ridotta al lumicino per tutti i valori, e per uno in particolare.

ITALIA 1941. I francobolli della fratellanza d’armi italo-germanica.

Era la prima volta che Mussolini compariva personalmente su dei francobolli (in precedenza si era vista solo una sua statua equestre eretta a Bologna nella serie per il decennale della Marcia su Roma e il suo ritratto in pietre su alcuni valori dell’Africa Orientale Italiana) ma la soddisfazione di rubare la scena al re, sia pure in tandem con Hitler, fu rovinata dalla più che tiepida accoglienza con cui furono accolti i tre valori emessi in Italia nel gennaio 1941 per celebrare la fratellanza d’armi italo-germanica. Il risultato è che altri tre valori preparati nel frattempo vennero accantonati, e per sostituirli si usò un disegno più rispondente ai gusti e ai miti del momento, elaborato a gran velocità da Corrado Mezzana. L’esistenza dei francobolli bocciati fu resa pubblica solo nell’estate del 1946, e due anni dopo 100.000 esemplari ciascuno furono posti in vendita per collezione.

AFRICA ORIENTALE ITALIANA 1941. I francobolli travolti da un prevedibile destino.

Quando l’Italia entrò in guerra, parve non considerare il fatto che la sua parte “imperiale” nel Corno d’Africa era destinata a una rapida scomparsa, visto che contatti e rifornimenti sarebbero divenuti praticamente impossibili, trovandosi in mani inglesi sia il Canale di Suez sia lo scalo aereo di Karthum. E infatti l’Africa Orientale Italiana venne persa già nella primavera del 1941, così che ben tre emissioni appena pronte rimasero bloccate al Ministero delle Colonie, il cui Ufficio gestioni vendite filateliche era sempre più oberato di richieste. Ma solo due, una serie pittorica di segnatasse e una marca di recapito autorizzato con un leone, furono posti in vendita qualche tempo dopo per collezione, tra l’aprile e il maggio 1943, quando ormai si sapeva della perdita dell’Impero. Invece la serie celebrativa della Fratellanza d’armi venne regolarmente messa in vendita a Roma, come sempre avveniva per le carte-valori coloniali, fra il 24 aprile e il 19 giugno 1941, in tre rate. E qualche collezionista la applicò su buste che poi si fece annullare in Africa, anche se a Tripoli invece che nell’ormai perduta Africa Orientale. Il francobollo aereo fu venduto tra l’altro in due versioni: con il valore in basso a destra oppure in un cubetto al centro, più leggibile ma che favoriva la lettura “Due popoli – una guerra – 1 lira”. Nella iniziale versione con cubetto si conoscono altri quattro valori, rimasti però allo stato di saggio.

AFRICA ORIENTALE ITALIANA 1941. I soprastampati BRITISH OCCUPATION.

Dopo la resa delle forze italiane il Comando delle truppe sudafricane insediato a Mogadiscio ordinò la soprastampa dei francobolli dell’AOI e delle marche da bollo coloniali italiane (queste ultime con l’aggiunta della parola POSTAGE) da usare al momento della riattivazione del servizio postale civile. Ma questo rimase sospeso fino al 1º marzo 1942 in Eritrea e fino al 12 aprile 1942 in Somalia, e quando venne riattivato si preferì introdurre i francobolli inglesi appositamente soprastampati M.E.F., Middle East Forces, non essendo più in circolazione la moneta italiana.

LIBIA 1941. I francobolli mai arrivati sulla sponda africana dell’Italia.

Nel gennaio 1943 avvenne la resa di Tripoli, e l’Italia perse le sue provincie più meridionali, quelle della costa libica annesse nell’ottobre 1838 (per quasi 5 anni l’Italia fu in effetti un Paese euro-africano). Anche in questo caso diversi valori rimasero a Roma: un’intera serie di segnatasse illustrati con un meharista e una marca di recapito autorizzato con un’ermetica piantina detta silfio, antico simbolo della Cirenaica. In più una nuova versione del francobollo aereo di Cirenaica recante anche cinque sbarrette su Tripolitania, per evitare la strana doppia intestazione che aveva caratterizzato questo valore dal 1932 sino ad allora. In realtà tutti questi valori erano stati “emessi” a Roma tra fine aprile e l’8 maggio 1941 dall’Ufficio gestioni vendite del Ministero dell’Africa Italiana, ma nessuno arrivò mai sulle sponde africane: ad averli tra le mani furono solo i collezionisti, a partire dal signore che acquistò in blocco gran parte di queste provviste e di altre rimanenze coloniali.

ITALIA 1942. I francobolli aerei di propaganda bellica.

Nell’estate 1942 tre dei francobolli ordinari di maggior impiego furono posti in circolazione affiancati da una vignetta di propaganda con tanto di cannoni, elmetti, bombardieri e motti inneggianti alla vittoria, mentre sulle cartoline postali compariva il motto VINCEREMO, perfetto equivalente del WWW, We Will Win, degli Alleati. Poco dopo furono pronti anche tre francobolli aerei dello stesso genere che però, visti gli avvenimenti in quel Nord Africa a cui uno dei tre faceva esplicito riferimento, coi loro richiami alla vittoria rischiavano di risultare ridicoli, se non persino controproducenti. Riposti in magazzino, vennero alla luce nell’estate del 1946, e nel 1948 furono posti in vendita per collezione.

SAN MARINO 1943. Il ricordo di un ventennale da dimenticare.

A fine luglio 1943 anche la Repubblica del Titano avrebbe dovuto celebrare il Ventennale dei suoi fasci (in realtà costituiti il 10 agosto 1922) ma finì invece per celebrare — unica in Italia — proprio la caduta del fascismo, avvenuta a San Marino il 27 luglio 1943, due giorni dopo che in Italia, e la nascita di un governo provvisorio, attraverso due soprastampe create per riciclare l’ingente tiratura. Circa 10.000 serie ordinarie e 1.000 aeree vennero però lasciate vergini da soprastampa, insieme a una gran quantità di spezzature, per accontentare i filatelisti che soprattutto in quegli anni si erano messi a raccogliere le novità sammarinesi.

ADRIA & ALPENVORLAND 1945. Le ordinarie per le provincia italiane del Reich.

L’armistizio dell’8 settembre 1943 fece infuriare Adolf Hitler, che decise non solo di occupare l’Italia, almeno fin dove era possibile, ma di annettersi il Veneto più “austriaco” e soprattutto quello orientale, così da dare al Terzo Reich uno sbocco diretto sul Mediterraneo. Le provincie di Trento e Bolzano e parte di quella di Belluno andarono a formare l’Alpenvorland, sotto il comando del Commissario Supremo del Tirolo; il restante della provincia di Belluno con quelle di Udine, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume diventarono l’Adriatische Küstenland o più in breve Adria, posta insieme alla Slovenia sotto il comando di un altro Gauleiter, quello della Carinzia. E poco dopo fu dato il via, presso la Stamperia di Stato viennese, a due serie di francobolli pittorici che mostrassero al mondo la nuova situazione; una per l’Alpenvorland e l’Adria, l’altra per la Provincia di Lubiana, entrambe con il valore nella moneta che vi circolava, la lira italiana. Poi, quando a metà del 1944 il lavoro di preparazione e stampa fu completato, probabilmente proprio a partire dalla serie destinata alle provincie venete, la ragion di Stato consigliò ai Tedeschi di non mettere inutilmente in imbarazzo il governo di Mussolini, che della nuova situazione ai confini orientali non aveva mai dato notizia, e la prima fornitura della serie Alpenvorland-Adria venne accantonata. Ma quando nel dopoguerra tornò alla luce, insieme a fogli di prova su carta colorata ma non attraverso i canali ufficiali, un autorevole perito tedesco la bollò come falsa, asserendo che era stata stampata a Milano da un commerciante filatelico iugoslavo; e per imporre la sua opinione giunse a trascinare in tribunale altri periti che avevano osato firmare questo materiale. La tesi, che probabilmente nasceva dalla stessa volontà di riabilitare la Germania che fece affossare ogni indagine sui crimini nazisti in Italia (iniziava la guerra fredda, e la Germania doveva entrare a testa alta nel blocco atlantico), fu a lungo condivisa anche dai periti italiani, più che altro per rispetto dei colleghi tedeschi. Ma oggi finalmente il suo contrasto con l’evidenza e con ogni logica è ormai ammesso dai più: non solo la serie evidenzia la stessa mano e le stesse caratteristiche di stampa e di cromia della serie emessa per Lubiana, non solo in Italia non vi erano stamperie in rotocalco che avrebbero potuto fare (o che avrebbero comunque accettato di fare) un lavoro così complesso, ma soprattutto nessuno — tantomeno un piccolo commerciante filatelico iugoslavo — sarebbe stato tanto pazzo da spendere un patrimonio per creare una serie falsa di ben 16 valori, quando poteva incassare altrettanto con 2 o 3 soli francobolli, magari ottenuti con una soprastampa presso una piccola tipografia compiacente.

ISTRIA 1946. Il francobollo iugoslavo con la cattedrale di Trieste.

Fra il 1945 e il 1947 la Venezia Giulia e l’Istria, reclamate dalla Iugoslavia, furono divise in due parti dalla cosiddetta “linea Morgan”, in attesa delle decisioni del trattato di pace. Nella zona sotto amministrazione militare iugoslava, comprendente l’Istria e il cosiddetto Litorale Sloveno, fu posta in corso una serie di francobolli figurativi stampata inizialmente a Lubiana, poi a Zagabria e infine a Belgrado. Nel corso della tiratura di Zagabria fu anche deciso di sostituire l’immagine sul valore da 1 lira usando la cattedrale di San Giusto, e ne fu tirata una provvista prima in rosso e poi, per cambio delle tariffe, in bruno. Entrambe però non vennero terminate poiché l’idea fu bloccata dalle autorità centrali, risultando troppo esplicita delle pretese di Tito su Trieste, La provvista, abbastanza consistente ma non dentellata, giunse quasi subito sul mercato filatelico; qualche esemplare è noto completo di dentellatura, apposta però più tardi a Belgrado.

Praticamente non emessi, ma un po’ di straforo


FIUME 1919. I non emessi causa furto.

Il 30 gennaio 1919 la città di Fiume, retta da un Consiglio nazionale e in attesa delle decisioni del trattato di pace, si dotò di una serie di francobolli la cui produzione venne affidata alla Tipolitografia Zanardini & C. di Trieste, e già allora le provviste furono interessate non solo da varianti di carta, colore e persino composizione dei fogli, ma anche da varie sottrazioni di fogli non finiti che poi ricevettero una diversa perforazione. Ma quando nel luglio dello stesso anno si decise di cambiare la dicitura da FIUME a POSTA FIUME per adeguarsi ai dettami dell’Unione Postale Universale i furti si fecero tanto consistenti da indurre il Consiglio a non emettere cinque dei tredici valori approntati, che poco dopo furono riciclati mediante soprastampe, soprattutto come marche da bollo. Qualche foglio del 25 cent. e un piccolo quantitativo degli altri sopravvissero però all’operazione e arrivarono ai collezionisti più o meno ufficialmente; lo stampatore triestino invece soccombette all’incidente, e il suo posto fu preso dalla tipografia milanese Bertieri e Vanzetti.

FIUME 1920. La serie con dicitura “Fiume d’Italia”.

Quando nel 1920 Gabriele D’Annunzio decise di celebrare il primo anniversario dell’arrivo dei suoi legionari a Fiume, fu ordinata allo Stabilimento Danesi di Roma una serie di quattro francobolli su bozzetti di Adolfo De Carolis, in cui non solo mancava la parola POSTE ma soprattutto campeggiava una dicitura FIUME D’ITALIA che avrebbe potuto creare un vespaio politico internazionale con la sua implicita dichiarazione d’annessione. Si decise quindi di rifare il tassello superiore inserendovi un meno creativo POSTE DI FIUME, e la provvista già esistente venne interamente soprastampata “Valore 1,50” per un uso fiscale interno, come tassa sui passaporti. Solo del taglio da 20 cent. giunse sul mercato filatelico, tramite i “buoni uffici” dello stampatore, un piccolo quantitativo.

CASTELROSSO 1922. I francobolli locali per l’occupazione (sic!) italiana.

L’isoletta di Kastellòrizon (o Meghisti), ribellatasi nel 1913 ai Turchi e occupata nel 1915 dalla Marina militare francese soprattutto per ragioni di spionaggio stante la vicinanza alla costa turca, col trattato di Sévres venne ceduta all’Italia, che ne prese possesso il 1º marzo 1922 aggregandola alle Isole Italiane dell’Egeo. Per ricordare l’evento, e soprattutto per chiarire che sempre di occupazione si trattava, il Consiglio comunale dell’Isola fece stampare una serie di francobolli, che ovviamente le Poste italiane impedirono di emettere, e che vennero poi usati localmente come marche da bollo, soprattutto per tasse portuali. È curioso notare come, forse per ingraziarsi gli isolani, il bozzetto fu poi ripreso per la serie celebrativa realmente emessa con poche varianti (solo il 5 cent. passò dall’azzurro al verde per rispettare i colori UPU) lasciando persino la scritta OCCUPAZIONE ITALIANA in bella evidenza.

ITALIA 1933. Il volo di ritorno.

Storia di un tentativo fallito. La soprastampa venne fatta applicare a New York nel luglio 1933 dal comm. Vittorio Lo Bianco, consulente filatelico del Ministero dell’Aeronautica, su 25 fogli dei trittici che erano stati affidati in conto vendita a un commerciante newyorkese, nella speranza di poterli usare insieme a un 3 c. statunitense per affrancare le corrispondenze trasportate dagli aerei della Crociera del Decennale nel ritorno a Roma. Ma il permesso arrivò troppo tardi e, per non dover sborsare 25.000 lire, i fogli soprastampati furono nascosti tra quelli invenduti restituiti al Ministero dell’Aeronautica; dove furono scoperti solo nel 1937 da chi acquistò in blocco le rimanenze dei francobolli delle trasvolate. Certo, se l’okey fosse arrivato prima sarebbe stato un francobollo regolare, anche se molto particolare. Così invece per stabilire se sia un vero non emesso occorre prima rispondere alla domanda: può un consulente predisporre ed emettere francobolli?

AFRICA ORIENTALE ITALIANA 1941. I buoni di posta aerea.

Una carta-valore molto particolare, stampata direttamente in Africa, fu bloccata dalla caduta dell’Africa Orientale senza che in Italia se ne sapesse nulla: sono i due “buoni di posta aerea” creati per contingentare l’avviamento delle corrispondenze dei militari dislocati in AOI, o loro dirette, a causa dei voli sempre più radi e con carico molto ridotto per fare spazio al carburante necessario al “salto” fra Bengasi e l’Asmara. Divenuti bottino inglese di guerra, questi buoni finirono dispersi non essendo considerati carte-valori postali poiché mancava l’indicazione di un valore.

RSI. Il 25 cent. con fascetto rosso in soprastampa

Quando alla fine della guerra i funzionari del Governo Militare Alleato presero possesso del Magazzino Carte-Valori allestito dalla Repubblica Sociale a Verona, vi fu reperito un notevole quantitativo di francobolli con strane soprastampe, per la maggior parte chiaramente destinati al mercato filatelico e dei quali sono stati poi scoperti esemplari passati per posta in zone frequentate da alcuni noti collezionisti. Tra questi l’unico valore attendibile, anche per il discreto quantitativo esistente, è il francobollo da 25 cent. imperiale soprastampato con il fascio in rosso anziché con fascetto e dicitura in nero: forse una tiratura iniziale, poi bocciata, oppure un errore di soprastampa, che si preferì accantonare per evitare critiche.

RSI. Il 20 cent. soprastampato fascetto

Tra il materiale reperito nel Magazzino Carte-Valori veronese vi erano anche fogli del francobollo imperiale da 20 cent. recanti la soprastampa fascetto e testo in nero, malgrado queste soprastampe fossero previste solo sull’effigie reale e non su quella di Giulio Cesare; certamente un errore, dovuto al colore e all’aspetto molto simile al taglio da 75 cent., che si ritenne di accantonare per evitare ulteriori confusioni. Anche di questo si conoscono esemplari usciti e usati di straforo.

I sottotipi non emessi

L’indicazione “non emessi” figura nei cataloghi anche in riferimento ad alcuni valori regolarmente emessi ed usati, per identificare esemplari con più o meno sensibili differenze appartenenti a provviste che per qualche ragione non vennero mai distribuite agli uffici. Pur essendo di notevole interesse per chi specializza queste emissioni o per chi vuole documentare certi sistemi di vendita postal-collezionistici ufficiali – è il caso delle forniture in vendita dall’Ufficio filatelico del Ministero delle Colonie, talvolta un po’ diverse da quelle effettivamente inviate in colonia – è bene specificare che si tratta di sottotipi non emessi, che perciò non sono indispensabili alla completezza di una collezione. Ne fanno parte:

STATI SARDI 1854. I francobolli della 3ª emissione con rilievo poco nitido, provenienti dai resti di stamperia. Essendosi proceduto alla gommatura dopo l’impressione a secco anziché prima, questa finì per appiattirsi con l’inumidimento e la successiva essiccazione, e i fogli vennero accantonati. Il loro interesse resta comunque elevato visto che gli esemplari nuovi dei tipi regolarmente distribuiti sono rarissimi.
STATI PARMENSI 1855. Marche per giornali su carta sottile semitrasparente, provenienti dai resti di stamperia.
ERITREA 1924. Segnatasse per vaglia con soprastampa più grande, forse di prova.
LIBIA 1924. Segnatasse per vaglia con soprastampa TRIPOLITANIA più grande, forse di prova.
SOMALIA 1923-1937. Francobolli per pacchi postali con soprastampa di tipo diverso, venduti solo a Roma.
SOMALIA 1942. Marca di recapito autorizzata di colore diverso, con gomma di guerra e anche con soprastampa più grande, venduta solo a Roma.
LIBIA 1942. Marca di recapito autorizzata con soprastampa più grande, venduta solo a Roma.
ITALIA 1945. Il provvisorio da 2 L. sul 25 cent. della RSI con soprastampa bruna anziché nera.

Gli eliminati

Possiamo chiamare così quelle carte-valori regolarmente stampate e pronte per la distribuzione, la cui tiratura invece fu interamente distrutta, e di cui ci restano solo tracce particolari se non addirittura impresentabili.

SOMALIA 1921. La rupia diventa italiana e decimale.

Agli inizi del 1921 la vecchia serie intestata Benadir fu ristampata e munita della sola soprastampa SOMALIA ITALIANA visto che, dopo aver inutilmente tentato di introdurre la lira anche in questa colonia, era stato deciso di adottare stabilmente la rupia, seppure in versione italiana decimale. Qualcuno però si dimenticò proprio del fatto che – a differenza di quella indiana divisa in 16 anna e 64 besa (1 anna = 4 besa) – la rupìa italiana era divisa in 100 besa e quindi il vecchio valore in anna non aveva più senso. Ma le sole 50 serie esistenti, chiaramente provenienti dagli archivi dell’OCV che all’epoca della chiusura finirono più o meno legalmente sul mercato, sono le prove d’archivio di una provvista poi incenerita, come asserisce qualcuno, o soltanto dei fogli di prova sùbito accantonati a causa dell’erronea indicazione?

SAN MARINO 1951. La serie per il Congresso di Difesa sociale.

Una serie di due valori doveva celebrare il 3º Congresso di Difesa Sociale, in programma a San Marino dal 2 al 5 settembre 1951, ma all’ultimo momento l’emissione fu annullata, per ragioni mai chiarite. Della tiratura già effettuata non sono rimaste che le serie con soprastampa SAGGIO, in parte già inviate alle varie autorità. Il bozzetto fu poi riutilizzato nel 1954 cambiando solo la dicitura in basso.

TRIESTE 1954. Il francobollo con Pinocchio.

Quando nell’ottobre 1954 si pose fine alla farsa del Territorio Libero di Trieste, in Italia stava per essere emesso un francobollo in onore di Carlo Lorenzini, in arte Collodi, e il Poligrafico – che ormai da anni soprastampava automaticamente per Trieste un quantitativo di ogni nuova carta-valore – applicò la soprastampa AMG-FTT anche sulla vignetta con Pinocchio. Ma, visto che i francobolli AMG-FTT dovevano essere ritirati il 13 novembre, valeva la pena emetterne uno nuovo il 26 ottobre? Si ritenne di no, ma alcune personalità ne ricevettero come al solito in omaggio un esemplare, e qualcuno fu anche annullato (a Napoli, però). Resta comunque il dubbio se la tiratura sia stata effettivamente eseguita e poi distrutta, o se si fosse ancora ai primi fogli, di prova, per gli omaggi e il Museo Postale.

SAN MARINO 1965. Il 10 lire con lo “Stregosauro”.

Nella grande serie tematica dedicata agli Animali preistorici annunciata per il 24 giugno 1965 ci si accorse solo all’arrivo della provvista sul Titano che il francobollo da 10 lire recava la divertente dicitura STREGOSAURUS anziché STEGOSAURUS. Il valore fu ristampato al volo con la debita correzione, rimandando di pochi giorni la comparsa della serie, mentre l’intera tiratura del francobollo sbagliato veniva incenerita, salvo un foglio destinato al museo postale.

SAN MARINO 1972. Il 1000 lire aereo in foglietti di uno.

Questo francobollo fu regolarmente emesso in normali fogli di 25, ma il vecchio consulente filatelico della Repubblica lo aveva fatto stampare anche in foglietti di un solo esemplare, che però Giorgio Zani, nuovo direttore dell’Ufficio filatelico, si rifiutò di mettere in vendita ritenendolo troppo sfacciatamente filatelico. Ne fu decisa la distruzione ma “inavvertitamente” un blocchetto di 100 si salvò in parte dall’incenerimento, e qualche foglietto comparve sul mercato, corredato da buffi certificati peritali che dichiarano originale “il pezzo qui allegato” … ma non descritto! Su denuncia sammarinese, la Polizia italiana riuscì alla fine a rintracciare e sequestrare tutto questo materiale; il quale però fu poi trafugato dall’armadio del Tribunale di Roma in cui era (si fa per dire) custodito, ed è tuttora latitante. Tali esemplari sono perciò pericolosi da maneggiare, poco importa che siano originali (e perciò trafugati) oppure ottenuti manipolando i fogli di 25 regolarmente emessi.

ITALIA 1994. Il francobollo per il Summit di Napoli da 750 lire.

Per il vertice del G7 a Napoli venne deciso di emettere un francobollo celebrativo; e una volta tanto il Poligrafico decise di fare le cose per bene stampando con il dovuto anticipo il francobollo da 750 lire, normale tariffa lettere per l’interno. Ma pare che le Poste avessero da tempo deciso che fosse un 600 lire per affrancare cartoline illustrate e non vollero sentire ragioni. Così l’intera provvista col valore da 750 andò in fumo, tranne il solito paio di fogli e qualche prova giunti chissà come sul mercato filatelico: i quali però, a causa della provenienza illecita, rendono il possessore perseguibile per legge.

I saggi di valori mai emessi

A differenza delle prove, che servono a valutare l’incisione, i colori o la stampa, i saggi sono usati per sottoporre la carta-valore alle autorità e ottenerne l’approvazione. I saggi di francobolli che non sono mai entrati in produzione – né tantomeno sono stati emessi – presentano indubbiamente un elevato interesse, avendo anch’essi quasi sempre una curiosa storia alle spalle. Si tratta di saggi tirati da vere tavole, anche se di formato ridotto, qualche volta completi di dentellatura e/o di filigrana per renderli più “veri” e quindi apprezzabili da parte di autorità con poca esperienza di grafica e di stampa. La loro uscita dalle stamperie non è mai regolare, e spesso si trovano in diversi colori e versioni, com’è naturale quando si è ancora in fase preparatoria. In tal caso viene da fare una domanda a chi li ha promossi al rango di “non emessi”: qual era il tipo già pronto per la distribuzione e “in gran parte distrutto”?

ITALIA 1863. Il 15 cent. del Conte Sparre.

Forse il più interessante, documentato e intrigante di questi “mai emessi” è il valore da 15 cent. con stemma di Savoia ideato, inciso e stampato da Peer Ambjörn Sparre, l’intraprendente conte svedese incisore dei primi francobolli di Svezia che, appena stabilitosi a Torino, non solo aveva sposato una nipote del Direttore generale delle Poste italiane, ma aveva anche ottenuto l’appalto per la fornitura dei nuovi francobolli. Questo 15 cent. è l’unico praticamente terminato della serie descritta dal Regolamento generale della Legge di riforma postale approvato con R. Decreto 21.9.1862 n. 604, la quale doveva apparire il 1º gennaio 1863 ma che, dopo l’ennesimo di vari ritardi, nel febbraio 1863 fu annullata con la rescissione del contratto firmato con le Poste dal suo autore: ne esistono saggi tirati con tavole di 25 esemplari su carta normale, con impressione a secco e/o filigranata, anche dentellati. Degli altri valori previsti esistono invece solo prove di conio in vari colori, tra cui ovviamente i più interessanti sono quelli nella tinta indicata nel decreto.

ITALIA 1864. Un 15 cent. De La Rue volutamente diverso.
Quando a fine 1863 giunsero in Italia le prime provviste della serie approntata a Londra dalla De La Rue, ci fu disappunto per l’azzurro del 15 cent., piuttosto smorto e comunque diverso da quello dei saggi approvati. Dopo aver spiegato i motivi di tale risultato Costantino Perazzi, inviato a Londra per sovrintendere al lavoro, propose alcune soluzioni; fra queste l’adozione di un disegno con l’effigie reale su un fondo quadrato, pieno o lineato, diverso da tutti gli altri e perciò più facilmente distinguibile. Per realizzare questi saggi furono approntate due tavole di 100 esemplari, da cui si tirarono prove in diversi colori. L’idea fu poi attuata con alcune varianti, ma solo quando si rese necessario un francobollo da 20 cent., qualche anno dopo.

ITALIA 1891. I saggi con cornici diversificate.

A fine Ottocento s’impose l’idea che per distinguere meglio un francobollo fosse bene, oltre a inserire il valore in cifre ben evidenti, creare delle cornici molto diversificate fra loro e fantasiose. Quegli studi produssero quattro saggi completi, fra cui uno ovale poi usato per i francobolli delle cartoline postali e un curioso piccolo valore di formato ridotto solo nella vignetta.

ITALIA 1894. Il francobollo per le reali nozze d’argento.

Anche in questo caso non si può parlare di non emesso visto che esistono esemplari in varie combinazioni di colore, ovvero saggi finali, su carta filigranata e dentellati ma ottenuti da una piccola tavola di 100 senza ancora le diciture marginali, tra i quali si sarebbe dovuto scegliere la combinazione di colori definitiva. Quello che, se fosse stato emesso, sarebbe diventato il primo francobollo celebrativo italiano fu vittima delle eccessive pretese realizzative: a causa della stampa a due colori, che salivano a tre con il fondino di sicurezza, in dirittura d’arrivo ci si rese conto dell’impossibilità di emetterlo in tempo per i festeggiamenti.

ITALIA 1898. Il francobollo per le nozze del Principe ereditario.

Altro valore nuziale fallito è quello che avrebbe dovuto celebrare le “fauste nozze” del Principe ereditario (due anni più tardi divenuto re Vittorio Emanuele III) con la principessa montenegrina Elena Petrovic-Njegos. Ma in questo caso il ritardo non c’entra, visto che ci fu tutto il tempo di preparare una cartolina postale, stampata in parte all’Officina Carte-Valori di Torino e in parte dalla ditta Calzone di Roma, e giunse puntuale anche l’etichetta erinnofila da 20 cent. stampata in fogli, dentellata e regolarmente venduta dalla stessa OCV (altro che non emessa!) utilizzando questa medesima incisione dopo aver rifatto la dicitura in alto: non più POSTE ITALIANE ma Roma 24 SETTEMBRE. Del francobollo esistono solo saggi tirati da una piccola tavola, su carta normale e non dentellati, in diversi colori, tra cui il rosa carminio che alla fine venne scelto. Qualche esemplare impresso su cartoncino venne anche dentellato, sempre a fini di presentazione.

ITALIA 1904. La nuova serie di Francesco Michetti.

Da uno dei bozzetti del famoso pittore abruzzese fu realizzata nel 1904 un’incisione tipografica, completa dell’insolita dicitura “Poste d’Italia”, e da questa una piccola tavola usata per tirare saggi in sei diversi colori. Forse proprio questi saggi convinsero a usare la calcografia. Curiosamente nessuno li ha ancora lanciati come “non emessi”: o non li conoscono, ma è strano, o non ne hanno recuperati abbastanza!

VENEZIA GIULIA 1918. Il celebrativo della Redenzione.

Nelle “Terre redente” la vittoria italiana fu subito celebrata soprastampando tutti i francobolli e gli interi postali austriaci disponibili. Dopodiché a Trieste si penso di applicare la dicitura celebrativa “Venezia Giulia 3. XI. 18.” anche sulle prime forniture italiane giunte da Roma, visto che una soprastampa era necessaria per evitarne l’uso in altre regioni italiane a causa delle possibili speculazioni: erano venduti infatti con il cambio lira-corona alla pari, anche se 1 centesimo valeva ormai più di 2 heller. L’idea però fu subito bloccata, preferendosi un più semplice e ben visibile “Venezia Giulia”. A ricordarcelo resta l’unico foglio stampato presso la Tipografia Amati & Donoli di Trieste, ovvero 200 esemplari del 50 cent. Michetti, rimasto per anni in un cassetto insieme a un paio di pacchetti da 100 della cartolina postale da 10 cent. Leoni; della quale però un altro pacchetto era finito per sbaglio in regolare distribuzione all’ufficio di Trieste 11.

ITALIA 1925. La serie Artistica diventata Imperiale.

Nel 1924 fu indetto il concorso per una serie ordinaria detta “Artistica” perché doveva presentare, oltre al re e alle insegne sabaude, monumenti e opere d’arte. Dai bozzetti selezionati si arrivò ad approntare alcuni saggi tipografici completi, ma il lavoro fu rallentato dai continui cambi di tariffa e alla fine venne interrotto in attesa che entrasse in attività l’Istituto Poligrafico dello Stato con più moderne rotative. Fogli di saggio di sei diversi valori, dentellati e non, e in vari colori, sono giunti sul mercato filatelico solo a partire dagli anni ’50; di alcuni si conoscono solo pochi esemplari, e non è chiaro se si tratti di frammenti di foglio recuperati o di strategia commerciale.

AFRICA ORIENTALE ITALIANA 1941. L’Asse col cubetto.

Come s’è visto, di alcuni valori celebrativi dell’Asse italo-tedesco erano già pronti i cilindri quando si decise di spostare il cubetto in basso a destra; ne è rimasto solo un foglio di saggio.

REGNO D’ITALIA 1943. Questo è troppo!
Forse in un primo tempo Vittorio Emanuele aveva accettato che, per evidenziare l’uscita di scena di Mussolini, figurasse su un francobollo la firma del nuovo premier, il maresciallo Badoglio; ma il progetto fu bloccato non appena il re vide le prove di colore tirate da una piccola lastra di 25, risultando troppo personalistico, mancante dei simboli reali o dell’Italia, e pure facilmente falsificabile. Questo saggio, preparato presso la Richter di Napoli, giunse sul mercato filatelico locale già nel marzo 1944 ed è noto anche annullato, ovviamente di favore.

RSI. I saggi di soprastampa sul 50 lire.

Quando il Poligrafico di Roma ebbe preparato le tavole delle tre soprastampe che avrebbero dovuto cancellare l’effigie del “re traditore”, venne deciso di provarle sull’unico valore con effigie reale di cui non si era prevista la soprastampa, il 50 lire, ormai praticamente inutilizzabile a causa delle limitazioni imposte anche al traffico postale. Nel 1946 questi saggi – 200 per tipo – giunsero sul mercato filatelico, pare come “risarcimento” a un noto commerciante.

RSI. I saggi di soprastampa della marca di recapito autorizzato.

Tra il materiale reperito dai funzionari del Governo Militare Alleato nel Magazzino Carte-Valori di Verona vi erano anche alcuni fogli della marca di recapito autorizzato recanti soprastampe del tipo usato per i francobolli; chiaramente si tratta di prove eseguite prima di decidere per una soprastampa diversa, che colpisse solo lo stemma sabaudo. E il fatto che di un tipo ne siano stati trovati 17 fogli da 100 esemplari non indica certo che fossero pronti per l’emissione.

ITALIA 1955. Un K2 incompleto.

Non è neppure un saggio completo il preteso “non emesso” per la conquista del K2, poiché nei fogli finiti chissà come sul mercato filatelico manca il secondo colore previsto, visibile invece negli esemplari dei cartoncini di presentazione: probabilmente proviene proprio da fogli tirati con il tirabozze per approntare questi cartoncini, in cui la linea rosa del percorso seguito nella scalata era disegnata a mano.

ITALIA 1863. La Donna che forse è un uomo.

È recente il “rinvenimento” di esemplari, in parte annullati con dei fori, di un 900 L. della serie ordinaria Donne nell’arte raffigurante un volto michelangiolesco forse di un giovane e perciò bloccato alle prime prove. Qualcuno parla di un “non emesso” e della solita tiratura distrutta. Quale? Quella con stampa in argento o quella con stampa in oro? E poi, vi pare logico che il Poligrafico distrugga un’intera tiratura forando i francobolli con un perforatore?

I francobolli per pochi intimi

Nel corso delle occupazioni militari, soprattutto durante la seconda guerra mondiale, era quasi un’abitudine soprastampare localmente i francobolli del luogo un po’ per indicare chi fosse ora a comandare, un po’ (anzi soprattutto) per racimolare soldi sul mercato filatelico. In queste operazioni, aspramente criticate dalle autorità postali centrali (anche perché quasi sempre l’Ufficio filatelico di Roma restava a bocca asciutta), quasi sempre finivano in macchina anche francobolli di cui si erano reperiti pochi pezzi, oppure restavano esemplari con soprastampe di saggio, più o meno diverse da quelle poi effettivamente impiegate. In qualche caso questi pochi esemplari – spesso difettosi perché in tipografia non è facile soprastampare piccoli blocchi ed esemplari sciolti – furono utilizzati per omaggi alle Autorità (un esempio sono i francobolli da 10 corone delle Terre redente), più normalmente furono cameratescamente divisi fra gli organizzatori della soprastampa oppure utilizzati per rendere più appetitoso il “blocco” offerto ai commercianti dell’epoca. Ovviamente questi valori non raggiunsero mai un ufficio postale: ma definirli “non emessi” suona decisamente improprio!

TRENTINO 1918. Il valore da 10 corone.
VENEZIA GIULIA 1918. Il valori da 90 heller e da 10 corone.
LUBIANA 1941. Le altre soprastampe “R. Commissariato…” e “Alto Commissario…”
ZONA FIUMANO KUPA 1941. Le soprastampe su Italia e quelle “Pro maternità e Infanzia” in lilla e altri colori
MONTENEGRO 1941. Soprastampa su Iugoslavia 50 p. e 1,75
OCCUPAZIONE CROATA 1944. La cosiddetta “Emissione di Spalato”, in un catalogo riportata con l’assurda dicitura “Emissione di Spalato… Non emessi”!
OCCUPAZIONE TEDESCA DI ZARA. Il 20 cent. della seconda serie

In generale si può essere certi che quando di un valore d’occupazione viene indicata una tiratura inferiore a 2 o 3 fogli, quel valore non è mai stato regolarmente venduto agli sportelli: quindi non si tratta di un valore regolare, né come “emesso” né come “non emesso”.
Se poi si tratta di emissioni locali, la cui ufficialità sta solo nel fatto di avere avuto corso regolare (poco importa se in un solo ufficio postale e per un solo giorno), il parlare di “non emessi” è addirittura un non-senso!


Tutt’altra cosa che non emessi

Ma nei cataloghi e nelle aste si trovano anche altri “non emessi” che talvolta non sono neppure francobolli o saggi di francobolli e talvolta sono stati persino regolarmente “emessi”.

ITALIA 1898. L’etichetta per le nozze del Principe ereditario.

Abbiamo visto prima che l’Officina Carte-Valori riutilizzò l’incisione realizzata per il francobollo celebrativo annullato, previa sostituzione della dicitura in alto – non più POSTE ITALIANE ma Roma 24 SETTEMBRE – per creare un’etichetta erinnofila da 20 cent.; la quale venne stampata in fogli, dentellata e regolarmente venduta in tempo per la cerimonia dalla stessa O.C.V. Quindi non si può parlare di francobollo né tantomeno di non emesso! Ed esistendo anche i saggi originali, il suo interesse si riduce di molto: una semplice curiosità.
 

SAN MARINO 1916. La serie Pro Croce Rossa

Visto l’esempio italiano e dopo aver sentito qualche personaggio sammarinese, due distinti commercianti fiorentini, il marchese Ponticelli e il conte Andreini, fecero stampare non si sa dove due valori intestati alla Repubblica con sovrapprezzo Pro Croce Rossa Italiana (quella sammarinese all’epoca non esisteva ancora) e nel settembre 1916 ne offrirono 50.000 serie al Governo del Titano impegnandosi ad acquistarne 40.000 “a contanti”. La proposta venne però rifiutata dato l’evidente “lucro privato” e poiché, come fece rilevare qualcuno del Consiglio, se proprio si voleva un’emissione del genere San Marino poteva farsela “da sé direttamente”. Così l’intero quantitativo rimase in mano agli ideatori, incluse prove e varietà; sarebbero indubbiamente dei “non emessi” se a ordinarli fosse stato il governo sammarinese, ma dato che a produrli furono dei privati possono definirsi più propriamente un “fiasco”.

TERRE REDENTE 1919. Le marche da bollo con la sterlina

Gli esemplari recanti una testina dell’Italia, la cosiddetta “Sterlina” usata come contrassegno di Stato sulle banconote, con o senza un valore in corone, sono spesso presentati come “non emessi per le nuove Provincie venete” e talvolta anche di una serie Pro Croce Rossa. In realtà sono marche per la vidimazione dei titoli esteri, di cui una gratuita, che furono regolarmente poste in uso nelle Terre redente, come si legge anche sui cataloghi di marche fiscali. L’allegato certificato peritale tra l’altro sa molto di scherzo visto che nella pur chilometrica “spiega” non si usano mai i termini “francobollo” o “marca”.

COSTANTINOPOLI 1922. L’aeroplanino sull’espresso.

Tra le tante soprastampe ideate dall’intraprendente direttore dell’ufficio postale italiano di Costantinopoli quella destinata al “servizio postale aereo”, preparata non si sa neppure bene in vista di quale volo, non trovò mai una giustificazione all’emissione. E i 5 esemplari esistenti sono chiaramente delle prove: se ne avesse preparati di più, anche solo un foglio intero, perché distruggerli rimettendoci di tasca propria quando poteva venderli ai collezionisti come “non emessi”?

ITALIA 1924. I BLP celebrativi (e anche altri)

I cataloghi sovente tacciono qualche importante dettaglio, per non far sorgere dubbi al collezionista: ad esempio è raro leggere la vera storia delle Buste Lettere Postali e dei loro francobolli, soprastampati a cura dei concessionari presso una tipografia privata senza il minimo controllo ufficiale. Il decreto che li riguarda non ufficializza infatti un bel niente: si rese necessario solo per consentire la vendita di questi biglietti con uno sconto di 5 cent. sul valore dei francobolli applicati anche da parte di ricevitorie e collettorie postali (il divieto di vendere carte valori postali a prezzo diverso da quello nominale restava invece valido per gli uffici postali e gli agenti postali di ruolo), e per imporre la soprastampa dei valori utilizzati affinché non potessero essere staccati da tali biglietti interamente tappezzati di pubblicità e usati su buste più dignitose. Si tratta quindi di francobolli con soprastampe private (per cui vale il discorso che hanno un senso solo se effettivamente entrati in uso), interessanti soltanto se ancora aderenti alle loro “buste”: e il decreto precisa che dovevano essere “francobolli comuni”, escludendo quindi a priori la soprastampa di commemorativi.

COLONIE 1925. La serie Mazzini con soprastampe di 5 diverse colonie.

Non solo ai tempi dell’Oltre Giuba questa serie era ormai fuori corso, ma mi dite come avrebbero fatto a distribuirla dato che le cinque diverse soprastampe erano tutte nello stesso foglio?

SAN MARINO 1929. Gli espressi con ripetuto EXPRES e il valore in rosso.

Trattandosi di un’aggiunta illogica, è chiaro che si tratta di prove effettuate semplicemente per valutare un certo effetto.

Se non vedete qui citato qualche “francobollo” riportato in qualche catalogo super specializzato è solo per ragioni di pietas. Ritenetelo comunque iscritto all’ultima categoria.