Viviamo in un’epoca in cui la comunicazione è diventata istantanea, immateriale, quasi invisibile. I francobolli, un tempo simbolo tangibile di connessione tra persone e paesi, oggi sembrano reperti di un mondo lontano. I circoli filatelici, luoghi di incontro e scambio, si riducono di numero, e i collezionisti, seppur sempre più competenti e specializzati, sono una nicchia in costante diminuzione.
In questo scenario l’Accademia Italiana di Filatelia e Storia Postale non è solo un’istituzione, ma una necessità culturale. L’Accademia non si limita a preservare oggetti: conserva storie. Ogni francobollo, ogni lettera, ogni timbro postale è una traccia di umanità, un frammento di vita che racconta come le persone, nel corso dei secoli, abbiano cercato di comunicare, di avvicinarsi, di superare distanze.
In un mondo dominato dagli algoritmi e dalle chat istantanee, studiare la storia postale significa ricordare che dietro ogni messaggio c’è una persona, un’emozione, un contesto. È un atto di resistenza contro l’omologazione digitale, un modo per mantenere viva la complessità e la bellezza della comunicazione umana.
L’Accademia non è un museo statico, ma un laboratorio di idee. In un panorama in cui i collezionisti sono sempre più specializzati, ma sempre meno numerosi, il suo ruolo è quello di creare ponti: tra generazioni, tra appassionati e studiosi, tra il passato e le nuove tecnologie. La digitalizzazione, infatti, non è un nemico, ma uno strumento. L’Accademia può utilizzare le piattaforme online per diffondere la conoscenza, per rendere accessibili archivi e ricerche, per coinvolgere un pubblico più ampio. Il rischio, altrimenti, è che la filatelia diventi un hobby elitario, riservato a pochi iniziati, invece che un patrimonio condiviso.
Il vero valore dell’Accademia, però, non sta solo nella conservazione, ma nella capacità di ispirare. In un’epoca in cui tutto è effimero, studiare la storia postale significa riflettere sul valore del tempo, della pazienza, della cura. Significa ricordare che la comunicazione non è solo velocità, ma anche profondità. L’Accademia può diventare un faro per chi cerca, nel caos digitale, un senso di umanità e di continuità. La filatelia non è un ricordo del passato, ma una chiave per comprendere il presente. L’Accademia Italiana di Filatelia e Storia Postale ha il compito di mantenere viva questa tradizione, trasformandola in una risorsa per il futuro. Non si tratta solo di salvare francobolli e lettere, ma di salvare storie, emozioni, identità. In un mondo che corre verso il virtuale, c’è bisogno di luoghi — fisici e simbolici — che ci ricordino il valore dell’umano. L’Accademia è uno di questi luoghi. Sta a noi sostenerla, valorizzarla, e farne un punto di riferimento per chi crede che la comunicazione non sia solo un clic, ma un gesto carico di significato.
In un mondo iperconnesso, dove lo schermo di uno smartphone è diventato la nostra finestra sul mondo, la filatelia si offre come una pausa rigenerante, un vero e proprio detox dallo stress digitale. Occuparsi di francobolli non è solo un hobby: è un ritorno al tangibile, al concreto, a un ritmo più umano. Sfogliare un album, osservare i dettagli di un timbro, ricostruire la storia di una lettera è un gesto che riporta a sé, che spegne il frastuono delle notifiche e riaccende la curiosità per il passato. È un modo per staccare la spina senza isolarsi, ma anzi, immergendosi in un universo ricco di significati. I francobolli, poi, non sono semplici pezzi di carta: sono opere d’arte in miniatura una pinacoteca domestica accessibile a tutti. Ogni emissione è il frutto del lavoro di artisti, incisori, grafici che hanno tradotto in pochi centimetri quadrati la cultura, la politica, la scienza e la società di un’epoca, nel bene e nel male. Collezionare francobolli significa possedere una galleria personale, dove ogni pezzo racconta una storia e stimola la riflessione. Non è un caso che molti collezionisti li definiscano “i quadri dei poveri”: perché, in fondo, sono democrazie dell‘arte, bellezza alla portata di tutti.
Ma c’è di più: dietro ogni francobollo si nasconde un mondo sommerso di storie, regole, innovazioni. La posta non è solo un servizio, ma un affascinante laboratorio di evoluzione amministrativa e sociale. Pensiamo ai primi sistemi postali, alle rotte che hanno unito continenti, alle leggi che hanno regolato la corrispondenza, ai timbri che hanno certificato il passaggio di lettere attraverso guerre, rivoluzioni, pandemie.
Ogni busta, ogni annullo, ogni tariffa è un tassello di un mosaico storiografico che parla di come gli Stati si sono organizzati, di come le persone hanno cercato di restare connesse nonostante tutto. È la storia con la S minuscola, quella che si nasconde nei dettagli e che, proprio per questo, è spesso la più toccante. In un’epoca in cui tutto sembra effimero, la filatelia ci ricorda che anche un piccolo pezzo di carta può essere eterno: perché porta con sé memoria, arte e umanità.
In fondo, tra le dita che sfiorano le carte e quelle che scorrono su uno schermo c’è tutta la differenza tra il tempo vissuto e il tempo semplicemente consumato. Tenere in mano una pinzetta per sollevare un francobollo, una fotografia ingiallita o una lettera fragile non è solo un gesto di cura: è un atto di resistenza. Resistenza alla fretta, alla distrazione, all’illusione che la vita si misuri in like o in ore passate a scorrere contenuti effimeri. I documenti cartacei, con le loro pieghe, i loro odori, le loro storie, ci ricordano che il passato non è un archivio digitale, ma una materia viva, da toccare, proteggere, tramandare. E forse, in un mondo che corre sempre più veloce, è proprio questa lentezza — questa attenzione minuziosa a ciò che merita di essere salvato — il lusso più grande che possiamo permetterci. Che le vostre mani trovino sempre qualcosa di vero da stringere, e i vostri occhi qualcosa di bello da guardare, lontano dagli schermi e vicino al cuore.
È questo il tipo di concezione del collezionismo filatelico, tra il realistico e l’ideale anche se ancora non chiaramente espresso, che avevano Mario Gallenga, Giorgio Tabarroni, i dirigenti del Circolo Filatelico e Numismatico Reggiano e quelli del Dopolavoro postelegrafonico quando cinquant’anni or sono diedero vita a un’Accademia di Studi filatelici che comprendeva anche quelli numismatici; o viceversa. Infatti il suo primo passo fu di dare alle stampe le annuali Memorie di questa duplice Accademia, una serie di scritti davvero accademici, come accadeva di vedere raramente in quegli anni. Erano infatti tempi di grande diffusione del collezionismo, soprattutto quello filatelico, in cui però la pubblicazione di volumi che non fossero cataloghi di francobolli e di riviste che non trattassero quasi esclusivamente di quotazioni e di investimenti era un fatto del tutto eccezionale, uno per decennio, se non di più. E infatti, malgrado la novità di molti dei temi trattati e gli autori di livello accademico (o forse proprio per questo), l’accoglienza fu molto tiepida, di maniera: i vip applaudicchiarono (sempre che avessero ricevuto il volume in omaggio!), i commercianti lo ignorarono (“meglio spendere in francobolli, quelli sì che sono un affare!”), le riviste dell’epoca avevano altro a cui pensare e i collezionisti praticamente non si accorsero nemmeno dell’esistenza delle Memorie dell’Accademia Italiana di Studi filatelici e numismatici. E non bastarono 16 fascicoli (di cui uno edito dalle stesse Poste) per raddrizzare la traiettoria.
Poi ci fu lo scioglimento, e subito dopo la resurrezione dell’Accademia, stavolta ciascuna con un proprio campo istituzionale di attività. E l’Accademia Italiana di Filatelia e Storia Postale riprese con più forza, più membri e nuove idee la strada intrapresa, stavolta in modo meno “accademico”, finalizzandola cioè a un collezionismo più ampio, aperto, attuale, coinvolgente. E per favorirne la diffusione esordì proprio questa nostra rivista, Storie di Posta, dalle caratteristiche molto particolari e soprattutto inedite.
A cominciare dalla nascita, come Speciale di una rivista mensile di ampio respiro e popolarità qual’era allora Cronaca filatelica, che già da tempo aveva abituato i suoi lettori ad ampliare il proprio orizzonte filatelico ad altri Paesi, a tutte indistintamente le carte-valori postali nonché alla storia postale antica e attuale. Dopo quattro numeri di rodaggio su singoli argomenti, nacque così Storie di Posta, volutamente diversa da ogni altra: con pochi articoli ma di taglio monografico e quindi completo su un determinato argomento, controllati da un comitato scientifico e/o da esperti sul tema trattato (il nome dell’autore non era ritenuto di per sé una garanzia, come in passato, ma il testo poteva essere corretto e integrato dall’Accademia), e la redazione faceva sì che la lettura fosse scorrevole e piacevole (a cominciare dal titolo “giocato” e dall’intrigante trafiletto introduttivo, come nelle migliori riviste d’attualità) per sedurre, insieme a una grafica semplice ma anche creativa, chiunque si trovasse tra le mani la rivista, magari senza essere collezionista di francobolli o appassionato di storia postale e della comunicazione a distanza, come specificato fin dal sottotitolo.
Inoltre, a completamento della pubblicazione, niente rubriche tipiche del settore come le ultime emissioni e relative anticipazioni, la posta dei lettori, le notizie dei circoli, i resoconti di mostre, convegni, aste (sempre positivi!) e via commerciando. Lo spazio restante veniva e viene da allora riservato ad articoli brevi, note, aggiornamenti e altro condensabile in poche righe, gli Spunti e appunti e le Notizie d’altri tempi; in una doverosa cronaca delle Novità di posta che un giorno potranno rivelarsi utili notizie di storia postale; in uno Stato dell’arte che, mostrando recenti emissioni internazionali particolarmente intelligenti e/o creative, intende far abbandonare il vecchio metro di giudizio filatelico fra “Bello” e “Brutto” che ancora circola fra i collezionisti anche di buon livello culturale; per finire con quel Club dell’occhio attento che con le sue accurate e motivate recensioni e le segnalazioni di pubblicazioni e prodotti vari, dalle borse ai film, con riferimenti a francobolli e posta, possono aggiungere fascino e motivazioni all’approfondimento sia della storia filatelica che di quella postale.
Insomma, una visione aperta e senza limitazioni della nostra passione e del nostro collezionismo, che viene espressa in modo conseguente da questo sessantesimo numero di Storie di Posta coincidente con le celebrazioni del cinquantesimo anniversario dell’Accademia di filatelia e di storia postale. Un numero in cui non mancano, come sempre, le novità di vario genere.
Il primo articolo monografico, ad esempio, tratta di un modo più ampio, completo, intelligente (e anche collezionisticamente e commercialmente più attuale e produttivo) di studiare e raccogliere non solo francobolli, annulli e lettere ma tutti i “segni” usati nel tempo dalla posta per svolgere i suoi servizi. Fra l’altro con sorprese sia filateliche che storico-postali e una ricchezza di esempi e illustrazioni anche di cose apparentemente banali che è raro vedere in una rivista.
Seguono due studi, uno sui telegrammi di Stato veri e solo di nome, e uno sulla posta pneumatica in Italia, che in quanto a dati rappresentano dei punti fondamentali per il collezionismo mostrando pezzi rari e dati inediti, come il diverso concetto di “pneumatico” nell’Ottocento, quando si pensava soprattutto a tunnel per il trasporto umano.
Poi due novità quasi assolute: l’effettivo uso del termine Raccomandata come Assicurata nello Stato Pontificio, ampiamente illustrato, e il punto sulle cartoline postali di propaganda privata della Grane Guerra, un momento di partecipazione popolare al conflitto finora solo accennato nelle pubblicazioni interofile.
Per finire con un’eccezionale biografia ragionata proprio su un collezionista-scrittore che già dagli anni Trenta aveva e praticava idee su francobolli, annulli e storia posale simili alle attuali nostre; fra l’altro una biografia inconsueta, fatta non tanto di parole ed elogi quanto soprattutto di citazioni e brani degli scritti – spesso poco noti se non introvabili – del personaggio oggetto della biografia, il grande Lorenzo Bernardelli, anch’egli nel 50º anniversario, ma della morte.
In pratica una varietà di temi, di collezionabili, di trattamenti perfettamente in linea – ci sembra – per divulgare quel concetto di filatelia che coincide con la storia postale e va oltre il francobollo e la semplice messa in fila di figurine per raggiungere una più gratificante vetta: quella dell’arricchimento personale.

