Acqua calda e fonti fresche

Uno dei capitoli più interessanti della storia filatelica (esiste anche questa, dopotutto, oltre a quella postale) è indubbiamente rappresentato dai notiziari che anche in Italia pubblicano associazioni e circoli filatelici, talvolta in forma amatoriale — un tempo con il ciclostile, poi con la fotocopiatrice e ora anche con computer e stampanti laser, come tutte le fanzine di questo mondo — ma non per questo meno degni di nota. Specie quando rivelano l’effettiva passione degli estensori e quell’entusiasmo che è l’aspetto migliore dell’associazionismo: il piacere di fare gli altri partecipi di scoperte, idee, proposte relative al proprio hobby. Così facendo sovente riescono persino a sostituirsi all’amministrazione postale — ora che non pubblica più i suoi Bollettini — nel tenere memoria dell’evolversi di servizi, bolli, uffici e usi postali; cosa che si rivelerà di grande se non unico aiuto agli studiosi e agli appassionati che un giorno si occuperanno di questo straordinario, imprevedibile momento di passaggio delle Poste dal pubblico al privato.

Anche se lo meriterebbero, non sto qui ad elencare questi Notiziari, alcuni dei quali hanno una ormai lunga e solida tradizione. Voglio solo notare come sovente meritino attenzione anche per gli spunti di riflessione che offrono, talvolta involontariamente, proprio grazie alla spontanea passione che li anima. Come quello suggeritomi dal Foglio dell’Unione Filatelica Subalpina, la cui nascita risale all’ormai lontano maggio 1980 e che ogni volta si sfoglia e legge con piacere. Nel n. 127 a colpirmi è stato un articolo di Luciano Martis che, partendo da quanto apparso di recente in una nota rivista filatelica sull’emissione del 1861 per le Provincie napoletane, si pone diversi interrogativi sulla genesi di questi francobolli. E per tentare di risolverli, oltre a varie congetture, riproduce anche un interessante frutto della sua ricerca: un articolo de La Rivista Filatelica d’Italia del marzo 1926 da cui si apprende che l’intera partita di questa serie, a lungo ignorata e giunta sul mercato proprio in quell’anno, era nelle mani del Conte Baciocchi del Turco, lo stesso che aveva prodotto i francobolli BLP.

Il motivo di riflessione è dato dal fatto che tutti i dubbi e le congetture esternati dal socio della Subalpina una risposta ce l’hanno già, e fin dal 1927. Ovvero da quando Emilio Diena pubblicò su Il Corriere Filatelico il carteggio tra la Direzione generale delle Poste di Torino e quella di Napoli sotto il titolo “Provincie Napoletane. La serie non emessa con valore in centesimi”. Un articolo esaustivo — come sempre da parte di questo Maestro non solo di filatelia ma anche di storia postale — che rappresenta ancor oggi la più completa documentazione sull’argomento, e che andrebbe di conseguenza citato (oltre che ripreso più o meno estesamente, e più o meno esattamente) da chi tratta di questi francobolli; se non altro per fornire al lettore che voglia approfondire la questione le coordinate per una ricerca. Se l’articolista della rivista l’avesse fatto, probabilmente sul Foglio non sarebbe comparso questo articolo pieno di interrogativi, o l’evidente passione e gusto per l’analisi avrebbe portato il Martis a formulare altri quesiti e altre congetture, certamente più interessanti. Dopotutto qualcosa di nuovo da scoprire in filatelia c’è sempre, persino sui francobolli e i settori più battuti; basta non fermarsi alle apparenze e alle certezze della tradizione.

Purtroppo però la buona abitudine di citare, e soprattutto consultare le fonti, non è molto diffusa in filatelia; con il bel risultato che un articolo che avrebbe dovuto stimolare il collezionista ha finito invece per depistarlo. È vero, buona parte dei collezionisti si accontenta di quel poco che sta scritto sui cataloghi, talvolta tanto sintetico da essere ambiguo, e non ha interesse ad approfondire. Ma c’è anche chi vuole saperne di più e ricorre a libri e riviste. Purtroppo però, specie agli inizi, difficilmente ha modo di valutare se si tratti di testi attendibili o di semplici esercitazioni da collezionista, senza alcuna base storica quando addirittura non inficiate da interessi d’altro tipo. A venire in aiuto dovrebbero essere gli “esperti”; a parte però che persino famosi collezionisti, grandi commercianti e autorevoli periti ignorano non solo le fonti postali e le opere basilari come quelle dei Diena ma continuano a parlare e a scrivere per sentito dire, in filatelia purtroppo impera la regola del “lasciar correre”. Anche a fronte di svarioni madornali e clamorose patacche, è raro che qualcuno si ribelli: la nostra Camera con svista è una vera eccezione, non solo in Italia! Al pari dei giudizi del Club dell’occhio attento, fatti per essere di guida al lettore e non solo di pubblicità all’autore, come recensione comanda in ogni altro settore, dai libri agli spettacoli.

Ma oltre alla difficoltà di distinguere il grano dal loglio, un collezionista che voglia approfondire si trova di fronte a un altro grosso problema: non è facile trovare le opere e gli articoli basilari che figurano nelle note a pie’ pagina, né i testi ufficiali sulla normativa postale. Associazioni e circoli filatelici con una buona biblioteca sono delle rarità, le biblioteche pubbliche non hanno neppure una sezione dedicata a posta e filatelia (anche se non ci vorrebbe molto a porvi rimedio, con un po’ di volumi, riviste e buona volontà; e lo dico per esperienza diretta), gli archivi sono impraticabili per chi non vi è abituato, e l’Istituto di studi storici postali è a Prato, oltre che su internet, ed entrambe non sono facilmente raggiungibili da tutti.

Per questo gli scritti sulla nostra rivista privilegiano le fonti, trascrivendole sovente per intero: non solo per documentare ma anche per evitare il lettore una ricerca. Ovviamente alcuni ci rimproverano chequeste lunghe citazioni sono noiose. A parte il fatto che chi si interessa alle cose del passato dovrebbe saper apprezzare il fascino dei vecchi testi che, al pari di francobolli, lettere e annulli, sanno rievocare abitudini, costumi, vezzi dell’epoca, voglio ricordare che nessuno obbliga a leggere tutto ma che, come dicevano un tempo, è meglio abundare quam deficere. Se al momento quelle fonti non interessano, si possono benissimo saltare a pie’ pari: ma il giorno in cui dovessero servire sono lì, per esteso, pronte da esaminare, confrontare, commentare. Quante volte avrei voluto farlo trent’anni fa, quando con Talpone stendevo i primi volumi dell’Enciclopedia Filatelica Italiana, e potevamo già dirci fortunati ad avere sottomano le collezioni complete del Corriere Filatelico, del Bollettino Filatelico, della Rivista Filatelica d’Italia, di Filatelia, nonché i volumi dei Diena, del Cresto, del Maury più qualche Relazione sul servizio postale in Italia, un Dizionario geografico di metà ‘800 e due Manuali postali d’inizio ‘900! Una discreta base per non scrivere troppe imprecisioni, almeno secondo i metri dell’epoca.

Per la stessa ragione ci piace esplorare anche i settori meno frequentati della posta, come facciamo anche in questo numero trattando di cifrari e persino di monete, o affrontare casi in cui la maggior fonte di notizie sono i nostri stessi album. Per scoprire che la posta ci offre stimoli, dati, curiosità e materiali sempre nuovi, e allo stesso tempo che molte cose che sembrano novità spesso basta guardare fuori dall’orticello filatelico per scoprire che sono vecchie e risapute. Consentendoci di pubblicare sempre qualcosa di nuovo. Ed evitandoci soprattutto di scoprire l’acqua calda!

Franco Filanci