Le due storie postali

Un tempo si diceva che il termine filatelia comprendeva tutto, dalla tematica alla prefilatelia fino alla storia postale. Oggi sono felice di scoprire, dalle prime lettere che giungono in redazione, che i collezionisti – perlomeno quelli più attivi e avanzati – si stanno rendendo conto che in realtà è la storia postale la vera radice di tutto, quella da cui si dipartono le varie branche del collezionismo filatelico. Perché sono gli oggetti creati dalla posta, e che ne declinano la storia, alla base delle varie specialità, ciascuna con proprie motivazioni ed esplicazioni particolari.

La storia postale di cui parliamo, e che in questa rivista si tenta di portare alla ribalta, non è assolutamente quella di cui si parla normalmente nell’ambiente filatelico, soprattutto in quello ufficiale, legato a esposizioni e premi e di conseguenza alle rigide regolamentazioni della Federazione Internazionale di Filatelia, la FIP per intenderci. La nostra storia postale è esattamente quella indicata dal termine stesso, storia della posta, ovvero l’analisi e l’esposizione sistematica di fatti d’ordine organizzativo, economico, legislativo, socio-politico ecc. relativi alla posta e ai suoi servizi in un determinato ambito temporale e geografico, come direbbe un buon dizionario. Non quel qualcosa di indefinito e per questo alquanto deludente che troviamo nei regolamenti FIP: un qualcosa che vi dicono di che cosa sarebbe fatto, che cosa deve o non deve contenere, come va montata e descritta, ma che nessuno si perita di definire come si conviene, cioè sotto il profilo concettuale. Come se il buon dizionario cui accennavo prima alla voce “abito” scrivesse “insieme di stoffa e altri materiali eseguito da sarti o stilisti per la vendita, e che può essere di varie taglie, in color nero, grigio, marrone, azzurro ecc., in tinta unita, spigato, a quadretti ecc, con o senza colletto, martingala, asole…” e via descrivendo, ma senza mai dire che serve per coprire e decorare il corpo umano!

Certo, una definizione deve andar bene non solo per un libro o uno studio ma, almeno nel nostro caso, anche per una collezione. Se ci si guarda intorno si può però notare che l’interpretazione vaga e distorta, o di puro comodo, è diffusa anche nella letteratura filatelica, con volumi che sovente si fregiano nel titolo del termine “storia postale” ma poi si limitano a riportare un po’ di dati storici e qualche notizia filatelica, spesso incontrollata, al solo scopo di fare elenchi di buste con relativa valutazione commerciale: questa è comune, questa è rara, di quest’altra invece ne conosco (che spesso significa possiedo) soltanto tre, di cui una perfetta che vale 324 milioni e 550 mila lire. Manca solo la precisazione dello sconto (60% per pagamento rateale, 80 % se in contanti, con assegno o carta di credito) per completare il quadro!

Eppure anche una definizione semplice, comprensibile e seria di storia postale come forma collezionistica non è poi così difficile. Basta volerla trovare. Il buon dizionario di cui sopra riporterebbe certamente un testo del genere: Branca del collezionismo incentrata sulla raccolta e lo studio di materiali e oggetti postali e di corrispondenza, secondo una metodologia di classificazione che ne privilegi gli aspetti documentari sul piano organizzativo, normativo, geo-politico, socio-economico ecc. Perché, in parole povere, una collezione di storia postale è quella il cui interesse centrale e fondamentale è rappresentato dalla posta in tutti i suoi più diversi aspetti, esposti e mostrati attraverso una documentazione puntuale e significativa di oggetti postali e anche non postali, tutti d’epoca e strettamente pertinenti. E questo a differenza delle altre due diffuse concezioni collezionistiche: quella filatelica, in cui il principale interesse sta nell’oggetto di collezione come tale: il francobollo, l’intero postale, la bollatura, persino la busta e l’affrancatura, considerati però essenzialmente sotto l’aspetto grafico-produttivo o tecnico-statistico. E quella tematica, che concentra tutto il suo interesse sul soggetto e sul significato dei pezzi filatelici e postali raccolti, utilizzati in modo eterogeneo per illustrare i più diversi argomenti. È quello che avevo già scritto un quarto di secolo fa, ai tempi del Notiziario ASIF, e poi in modo più approfondito sul nº 141 di Cronaca filatelica: i pezzi postali in pratica possono essere gli stessi, ma ciascuna forma collezionistica li studia, li sceglie e li usa in modo e con intendimenti totalmente differenti.

Ma anche questa concezione collezionistica della storia postale è ben diversa da quella enunciata – si fa per dire – dalla FIP: che in pratica vede la storia postale come una semplice variante della consueta collezione filatelica, fatta di materiale usato anziché nuovo, e preferibilmente su busta. Come se ci fosse una netta differenza tra il mettere in fila francobolli nuovi o usati in ordine cronologico o per soggetto o in blocchi, aggiungendovi sottotipi e varietà, e il mettere in fila buste che presentano annulli in ordine alfabetico o numerico, o affrancature mono, bi o tricolori in sequenza esponenziale, magari evidenziandone tipi ed errori!

La storia postale, quella vera, dei veri appassionati, è fatta soprattutto di interpretazione: delle norme, degli avvenimenti, e anche dei pezzi, per poterli collocare nel loro giusto contesto postale e storico. E questo vale per tutto, bolli e francobolli e oggetti postali, nuovi o usati che siano. Ciò che conta è quel che significano, non le condizioni in cui si trovano; un francobollo per raccomandate è un valore emesso per un particolare uso, e quindi ha un certo significato postale, storico, socio-economico anche se quell’uso non l’ha mai svolto. È di per sé un reperto storico-postale, anche se è ancora nelle condizioni in cui la posta a suo tempo l’ha venduto: non occorre che sia usato su busta per raccontarci il suo utilizzo. Anzi, può anche accadere che nell’usato sia quasi difficile vedere le scritte distintive; e nel caso di interi e moduli postali talvolta l’esemplare nuovo comprende delle parti che mancano all’usato e che ne spiegano ancor più compiutamente l’uso.

Ma a certi alti livelli non riescono proprio a capirlo. O non vogliono. Perché se davvero lo capissero, dovrebbero eliminare la storia postale dalle classi di competizione internazionali. Perché? Il motivo è semplice: come si fa a collezionare – e ancor più a giudicare – la storia postale di un Paese se non si conosce a fondo legislazione, regolamenti e usi postali di quel Paese, e in primo luogo la lingua, per poter comprendere perfettamente normativa, indirizzi e messaggi?

In un giudizio di tipo filatelico soccorrono i cataloghi con le loro quotazioni: basta un’occhiata per sapere quel tanto che basta a giudicare alla meno peggio anche una collezione di Chamba. Nelle tematiche sono d’aiuto il buon senso e la cultura, filatelico-postale e non. Ma di fronte a una vera collezione di storia postale, dove nella maggior parte dei casi il maggior esperto è lo stesso collezionista, non c’è santo che aiuti: si fa già fatica a conoscere norme e usi postali di un periodo del proprio Paese, figurarsi degli altri! A meno di non ridurre per l’appunto la storia postale a un semplice mix di filatelia su busta più marcofilia, così che i cataloghi tornano a bastare: e un giurato internazionale tedesco può anche giudicare una collezione di “storia postale FIP” italiana senza rischiare troppo!

Così esistono due storie postali: quella vera e quella filatelica. A noi interessa la prima. E siamo lieti di scoprire che interessa anche a molti collezionisti, soprattutto a quelli più curiosi, dinamici, giovani (non necessariamente solo d’età), che amano lanciare il loro sguardo anche oltre il loro àmbito collezionistico. In cerca di sempre nuovi stimoli, e di conferme alla validità della loro scelta collezionistica. Che non può essere fatta solo di qualità, quotazioni, e rarità consacrate.

A loro dedichiamo questo numero, dove la storia postale – quella vera – fa anche sfoggio di filatelia e persino di tematica (sul tema navigazione) e ci sorprende con notizie che affondano saldamente nella storia umana e sociale degli ultimi secoli.

Franco Filanci